Con l’approvazione della legge costituzionale n.3 del 27 dicembre 1963 il Parlamento italiano 50 anni fa ha sancito l’istituzione della Regione Molise.
Il Ministro della Difesa, Sen. Mario Mauro, ospite d’onore della tavola rotonda sul futuro del Molise tenutasi presso l’auditorium ex GIL per la ricorrenza del cinquantesimo anniversario di questo importante evento, ha affermato che “sicuramente ci saranno altri compleanni” per questa realtà regionale.
Tutti i momenti che il Presidente del Consiglio Regionale del Molise, Dr. Vincenzo Niro, ha programmato e realizzato per la ricorrenza sono stati improntati sulla questione della “salvaguardia della autonomia regionale”.
In Italia il c.d. Regionalismo ha rappresentato una linea politico-amministrativa, sostenuta da quasi tutte le forze politiche, attraverso cui si sono costituite le diverse realtà regionali e si è dato ad esse un’autonomia legislativa ed amministrativa sempre maggiore.
Don Luigi Sturzo arrivò a dire in proposito: «Il regionalismo è un grido di vita contro la paralisi ed il grido degli italiani delle campagne e delle città contro il parassitismo della capitale o delle capitali che dominano, attraverso lo Stato e la burocrazia, tutta la vita del nostro Paese».
Posta in questi termini la questione dell’autonomia delle regioni ha sicuramente una sua ragione d’essere. Ma è proprio così?
Se si guarda agli scandali che hanno, di volta in volta, coinvolto quasi tutte le regioni italiane non si direbbe e al di là degli scandali, queste sono spesso viste come dei centri di potere, di burocrazie e di spreco di soldi pubblici che non hanno, effettivamente, salvaguardato quelle libertà, quelle opportunità e quelle prerogative per le quali erano state istituite.
Per il Molise il problema diventa ancora più acuto allorquando la domanda sulla sua permanenza e sulla conservazione dell’autonomia fa i conti con l’handicap delle sue piccole dimensioni.
Per ovviare a questo “difetto” vi sono state, nel corso degli anni, diverse proposte di “annessione” o di “integrazione” con altre realtà confinanti: tornare al vecchio “Abruzzo e Molise”, costituire il “MoliSannio” (con la provincia di Benevento), oppure la “MoliDaunia” (con diversi comuni della provincia di Foggia). Ultimamente, anche sulla scorta delle riflessioni che stanno interessando altre realtà regionali, sta prendendo corpo l’ipotesi che vedrebbe il Molise unito alle Marche ed all’Abruzzo in una macro-regione denominata “Marca Adriatica”. Personalmente non escluderei a priori l’ipotesi di uno smembramento in quattro parti che qualcuno ha immaginato possibile.
La libertà, il livello dei servizi in favore dei cittadini, le opportunità di costruire e lavorare in una realtà come quella delimitata dagli attuali confini amministrativi e geografici molisani non dipendono solo dal permanere dell’autonomia regionale, anche perché la rivendicazione di questo privilegio non può prescindere da un’effettiva capacità di sostenerne (anche se all’interno di una cornice di solidarietà e sussidiarietà) i costi.
Allora si tratta di dotarsi di una capacità di costruire un’identità – come ricordava il Ministro Mauro, citando una famosa canzone degli alpini (La Ceseta de Transaqua) riprendendo un suggerimento del Vescovo Bregantini, nella tavola rotonda di cui sopra, – per cui nonostante la crisi, le ansie, i timori per il futuro, la precarietà, si possa partire da una certezza: “Nella cesa cianta Messa il prete e sul Cimon de la Pala fischia il vento”. Mentre fischia forte il vento freddo che rende la vita dura, la chiesetta sul monte, segno della Presenza di Dio in mezzo agli uomini, rappresenta la speranza da cui si può ripartire; la consapevolezza di questa Presenza fa affrontare in modo diverso le asprezze delle situazioni che a livello personale e sociale incontriamo tutti i giorni.
Pesce (ner)Azzurro