“L’amara scoperta che Dio non esiste ha ucciso la parola destino. Ma negare il destino è arroganza, affermare che noi siamo gli unici artefici della nostra esistenza è follia: se neghi il destino, la vita diventa una serie di occasioni perdute, un rimpianto di ciò che non è stato ed avrebbe potuto essere, un rimorso di ciò che non si è fatto e avremmo potuto fare, e si spreca il presente rendendolo un’altra occasione perduta.”
L’inizio del primo capitolo della seconda parte di “Un uomo” di Oriana Fallaci segna il confine tra la vita di prigionia di Alekos e l’inizio di una quasi-normalità; ma è impossibile uscire da una guerra, da ogni tipo di guerra, senza portare nella testa e nel cuore volti e ragioni di uccisori e di uccisi. Così come non basta un amore umano a sanare un corpo né un cuore.
(Scusate, ma in questi giorni si fa un gran parlare di Grecia e poi la RAI ha trasmesso questo biopic-Fallaci e non sono riuscita a trattenermi…)
Consigliato/dedicato:
- a insegnanti, lavoratori part-time, pendolari di mezzi pubblici, pensionati e insonni (insomma, a chi ha del tempo libero: la Fallaci ha scritto tanto e periodicamente tutto viene ripubblicato, per cui se poi vi prende…);
- a chi pensa, con me, che di uno scrittore vanno lette le opere e non raccontata la vita (ma confesso di non aver visto la fiction);
- a chi, almeno una volta, vorrebbe ripetere il famoso dialogo:
– “Alekos, cosa significa essere un uomo?”
– “Significa avere coraggio, avere dignità. Significa credere nell’umanità. Significa amare senza permettere a un amore di diventare un’àncora. Significa lottare. E vincere… E per te cos’è un uomo?”
– “Direi che un uomo è ciò che sei tu, Alekos”
(O. Fallaci – “Intervista con la storia”)
Alice