(Io preparo le lezioni, ma il mio ministro non lo sa, o non ci crede, o non gliene frega niente…)
“Sembra che a partire dal prossimo anno scolastico anche gli insegnanti cominceranno, finalmente, a lavorare un po’!”.
Tutte queste chiacchiere sul decreto legge di stabilità – capitolo scuola – con il quale il nostro ministro vuole/voleva/vorrebbe (tra l’altro) portare da 18 a 24 il monte ore settimanale degli insegnanti di scuola secondaria, costringe me – che pur facendone parte non ho mai difeso la categoria – ad alcune riflessioni. Ve ne propongo solo una (per ora).
Io preparo le lezioni. Affermazione magari scontata e di certo banale, ma vera. Ogni singola ora che trascorro in classe è (inevitabilmente) preceduta da almeno un’ora di lavoro a casa, nel tentativo di prepararmi all’incontro con dei ragazzi che attendono, e di capire come proporre loro – meglio che posso – ciò di cui hanno bisogno.
Non è chiaro? Mi spiego con un esempio: quest’anno due delle mie tre classi sono parallele (due terze) quindi a logica dovrei aver ridotto di un terzo il mio lavoro “casalingo”. Falso.
Una delle classi reagisce molto facilmente agli stimoli però fatica a tenere la concentrazione per tempi prolungati, è in grado di lavorare bene in gruppi ma a volte non riesce a creare le giuste relazioni, è provocata dalle novità: per introdurre al lavoro questi ragazzi ho bisogno di strutturare attività pratiche, brevi, intense, senza pause, ed utilizzare tecniche sempre nuove.
L’altra classe è più abituata a un lavoro sistematico e mirato, è formata da elementi capaci di osservare fenomeni e trarre conclusioni, con una discreta autonomia nell’organizzazione di tempi e lavoro; però sono piuttosto individualisti ed è quindi difficile provocarli ad un confronto, anche se nel dialogo personale emergono come ragazzi tutt’altro che banali: per loro la lezione frontale, anche se lunga e articolata, è fonte di sicurezza.
Non solo. La prima classe ha una decisa componente maschile, mentre la seconda è a netta prevalenza femminile, quindi anche attitudini, capacità, interessi sono diversissimi.
Sarò lenta e anche ipodotata ma proprio non riesco a preparare un lavoro senza pensare a chi è destinato, così non serve la calcolatrice per capire che – collegi, consigli, dipartimenti, colloqui con i genitori e commissioni varie a parte – alla fine della settimana le mie 40 ore di lavoro le ho svolte tutte.
Ma il mio ministro non mi crede o, forse, mi chiede di lavorare come la mia collega che – ormai da anni – non cambia neanche i libri di testo, perché “così ho già tutto pronto”, e perfino i compiti in classe li ripropone identici ogni anno. Quest’anno (lei) ha accettato uno spezzone di 6 ore in più (a pagamento). “Tanto sono soltanto 6 ore!”.
Evviva la scuola copia e incolla!
(continua)
Alice