A proposito di criteri

Per quanto riguarda i criteri che Torpedine espone al punto 1) dell’articolo di ieri non posso che condividerli in pieno.
La possibilità che questi criteri diventino operativi, cioè che qualcuno li difenda e li usi fattivamente passa dal sostenere politici che li condividano effettivamente. Andando al punto, sintetizzando, forse riducendo ma per capirsi: sostenere “certi politici”.
Andando ad un incontro pubblico (prima dell’estate) con Mario Mauro ho sentito affermare che la situazione economica del nostro paese era così grave che, evidentemente per il bene del nostro paese, non si poteva perdere altro tempo in faziose contrapposizioni e Mario auspicava che tutte le persone di buon senso, buona volontà di entrambi gli schieramenti politici prendessero la strada di proporre alle elezioni una” grande coalizione” proprio per fare quelle riforme indispensabili per rilanciare il paese.
A questo punto penso di aver spigato che i criteri che cerco di usare non sono diversi da quelli che ho sempre usato ma che vedo come punto prioritario del dibattito politico cercare di affrontare il problema di una tassazione eccessiva presente in Italia (in particolare sul lavoro) e una spesa pubblica che nessuno osa ridurre. Non ci può essere benessere, solidarietà e sussidiarietà se le banche smettono di fare credito ad imprese e famiglie perché lo spread è a 530 punti. L’Italia ha tanti punti di forza tra cui: un risparmio privato tra i più alti d’Europa, un tessuto di piccole imprese ricchissimo, un sistema bancario fatto di realtà di medie dimensioni ma per fortuna nostra con pochi titoli spazzatura. Il nostro grande problema è il rapporto debito/pil proprio per colpa di una classe politica che di fronte alla necessità di coprire il deficit o alza le tasse o si indebita senza mai avere avuto il coraggio di ridurre le spese come farebbe un buon padre di famiglia quando i conti sono in rosso. Questa “spensierata” politica ci ha messo nella posizione che la finanza mondiale ci impallinasse a partire dall’estate 2011 alzando in costo del denaro di almeno 3% con una immediata ripercussione sull’economia reale. Secondo me la situazione è così grave da poter essere paragonata agli anni di piombo. Se di fronte al terrorismo i politici italiani seppero fare il governo di unità nazionale oggi davanti alla crisi economica ma in particolare ad uno stato che non è in grado di gestire la propria spesa occorre uno sforzo che superi destra e sinistra e si guardi solo il bene dell’Italia.
Rispetto al problema crisi economica/crisi antropologica, penso che sia vero che la crisi antropologica abbia innescato una crisi di tipo finanziario: fare i soldi con i soldi, come se su tutto si potesse scommettere. Questa crisi finanziaria ha però generato una crisi nell’economia reale perché i soldi che mancavano all’appello erano veri e non virtuali. In questi casi però (e qui sono proprio in contrasto con quanto si diceva) l’ordine con cui affrontare i problemi non è quello da te esposto: crisi antropologica che è la priorità delle priorità e poi a seguire la crisi economica ma il contrario. Prima tamponiamo la falla altrimenti la nave va a fondo. Quando mi hanno operato di appendicite acuta il dottore e mia mamma non hanno affrontato e cercato di risolvere il problema di quanto cioccolato avevo mangiato nella mia vita ma si sono preoccupati di asportarla e anche in fretta se no ci rimettevo le penne. Poi hanno affrontato il problema della mia alimentazione, senza grandi successi ma questo è un problema della mia libertà…

Pesce Panda