A quanta vita sei disposto a rinunciare per avere salva la vita?

A quanta vita sei disposto a rinunciare per avere salva la vita?
Uomo alla finestra from Pixabay

In un tempo vicino ma distantissimo il sottile crinale della normalità divideva un versante di uomini
impavidi, “In to the wild”, dal lato dei prudenti: quelli che non prendono l’aereo, non vanno in Africa, non
mangiano fritto, non fumano. Oggi siamo stati deportati tutti dalla parte dei prudenti e abbiamo elevato
all’ennesima potenza la propensione al sacrificio, al senso di paura, lo spirito di abnegazione.

Quanta vita abbiamo perso per salvare la vita? Cosa stiamo salvando e cosa stiamo annegando nel nostro annaspare nel
fiume in piena di regole che ci travolge? Quanto siamo disposti a perdere per vivere? Ciascuno dovrebbe
poter rispondere per sé, in base alla sua condizione, età, salute, lavoro, paranoie, fobie, desideri. Invece
oggi a questa domanda risponde lo Stato al posto nostro: devi perdere tutto per sopravvivere. Non puoi
andare a scuola, non puoi viaggiare, non puoi portare i tuoi figli nelle aree gioco, non puoi invitare più di due
amici a cena.

Dopo un anno eccoci alla casella di partenza: pronti di nuovo a perdere tutto per salvare la
vita nostra e degli altri. E’ davvero compito dello Stato salvare la vita delle persone? Il compito di uno Stato
democratico non dovrebbe essere quello di dare una risposta organizzativa alle diverse istanze sociali? Il
ruolo di chi ci governa non dovrebbe essere quello di garantire i diritti fondamentali dei cittadini attraverso
servizi, misure, iniziative? Si obietta che la vita è il diritto primario, da cui derivano gli altri. Senza vita non
c’è salute, se non c’è salute non c’è libera circolazione, istruzione, lavoro. Certo, ma allora dovremo essere
sicuri che se mia figlia non andrà a scuola per altre 3 settimane, mia mamma sarà sicuramente salva. Io avrò
salva la vita? Può uno Stato salvarci da una pandemia?

Credo che spetti a ciascuno stare davanti al proprio destino e compiere le proprie scelte, nella consapevolezza che i nostri destini sono interconnessi, ma questa è una risorsa non una condanna. Non sono la vita e morte qualcosa di più grande, misterioso e
personale? Quanta violenza c’è nel voler salvare la vita e relegare in casa una generazione di adolescenti,
uccidendo giorno dopo giorno la loro pulsione vitale? Quanta sciatteria umana c’è nel non considerare la
vita di intere famiglie nuovamente stravolte da compiti impossibili a cui si risponde con congedi, bonus, e
altre pezze inadeguate?

“Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza”

Medusa