Alluvione

In questi giorni come tutti sono rimasto molto colpito dalla situazione venutasi a creare a Genova a causa dell’alluvione. Non è facile guardare e giudicare un fatto del genere con realismo ed intelligenza  cercando di coglierne il significato profondo senza rimanere alle apparenze o, ancora peggio, cedendo nella retorica diffusa.
Dopo il contraccolpo drammatico nel vedere la disperazione delle persone colpite dall’ennesima ondata di piena del fiume Bisagno, una delle cose che più mi colpisce è il riproporsi di un copione nella modalità con cui viene raccontata la realtà dei fatti già utilizzato molte altre volte.
Come nel più recente caso del naufragio della nave Costa Concordia, dopo pochissimo tempo dal momento dalla tragedia tale copione prevede l’individuazione chiara di un colpevole, il comandante Schettino, e di un eroe, il comandante De Falco della capitaneria di porto. Poco importa se la realtà, come sempre, è molto più complicata, se ci si dimentica delle responsabilità del timoniere, della compagnia di navigazione proprietaria della nave, dell’equipaggio impreparato etc etc…
La cosa importante è la narrativa dell’evento che prevede una semplificazione estrema con la necessaria co-presenza di due elementi: il buono ed il cattivo, il colpevole e l’eroe. Una volta individuati con precisione i due personaggi, protagonisti principali, allora di conseguenza si è anche individuato l’argomento su cui scrivere pagine di giornali, si sa esattamente su quale argomento concentrare l’attenzione del grande pubblico con il risultato finale che il pubblico sa tutto del comandante Schettino, di quello che ha fatto quella sera, con chi ha cenato e cosa ha mangiato, ma si dimentica inevitabilmente e rapidamente delle vittime e della drammaticità di una tragedia che ha coinvolto ben… provate a chiedere alle persone quanti morti ci sono stati al Giglio quella sera, vi stupirà sentire i numeri più disparati. Ecco, il primo risultato è distogliere l’attenzione dalla drammaticità dell’evento per la difficoltà, per esempio, a stare davanti alla morte accidentale per affogamento di una bambina di 5 anni. Meglio concentrarsi sulla dinamica, sulle colpe, sulle operazioni di recupero, sull’inquinamento ambientale, tutto piuttosto che stare avanti al mistero della morte.
A Genova dopo due giorni dalla tragedia il copione è già pronto: da una parte gli angeli del fango che hanno salvato una città e dall’altra gli amministratori che non sono riusciti ad evitarla accusati di non aver fatto niente in questi ultimi anni.
Poco importa se poi il problema è molto più complicato, se si parla solo del Bisagno quando invece sia questa volta sia nel 2011 l’alluvione ha colpito e continua a colpire una intera regione dal levante al ponente, da Sestri Ponente alle Cinque terre, se le responsabilità sono da cercarsi in quaranta anni di amministrazione maldestra, se, nonostante questo i genovesi hanno volontariamente e consapevolmente sempre dato fiducia a questi stessi amministratori che si sono avvicendati nel ricoprire le cariche di presidente della provincia, presidente della regione, sindaco e sempre con maggioranze abbondanti senza quasi fare campagna elettorale.
Questa parte della storia non vale la pena che venga raccontata in questo momento altrimenti si rischia di modificare il copione principale già scritto, i cattivi sono gli amministratori, la burocrazia, il tar, ed i buoni sono i cittadini, i ragazzi che spalano il fango, la gente comune, la gente per bene che fa sacrifici. Fine della storia. Vietato sfuggire da questo. E quindi si spreca la retorica su questi ragazzi che “non è vero che non hanno ideali, ci dimostrano cosa vuole dire risollevare una città e cosa vuole dire essere eroi”. Ed in questo copione sfuggono molte cose come i poliziotti che, mentre fanno giustamente il loro dovere preservando l’ordine pubblico specialmente in queste situazioni di emergenza, vengono accusati di non sporcarsi la divisa raccogliendo il fango, in un corto-circuito tanto irragionevole quanto demagogico.
Detto questo provo a dire qualcosa in più.
Come molti sanno gli angeli del fango non sono nati a Genova ma dal l’alluvione di Firenze del 1966 in poi c’è sempre stata una mobilitazione generale delle popolazioni colpite dalle alluvioni, terremoti o da altre emergenze per aiutare le persone più bisognose che hanno bisogno. Come non ricordare il terremoto nel Friuli per cui persone da tutta Italia partirono per aiutare la ricostruzione.
Cosa indica tutto questo?
Mi viene in mente una frase di Don Giussani” Quando qualcosa si può chiamare eccezionale? Questa è un’osservazione non so se più drammatica o comica […] perchè noi sentiamo una cosa eccezionale quando corrisponde alle esigenze più profonde per le quali viviamo e ci muoviamo […] corrisponde alle esigenze più profonde del cuore. Quello che tu attendi dovrebbe essere naturale, ma è così impossibile che accada quello che tu attendi che quando accade è una cosa eccezionale”.
Che cosa fanno emergere questi eventi drammatici? Fanno emergere un aspetto della posizione originale dell’uomo che viene percepita giustamente come “eccezionale” anche se dovrebbe essere naturale (non spontanea) perché iscritta nel cuore di ogni uomo. Emerge con potenza e quasi senza vera consapevolezza che la legge della vita è carità, è gratuità. L’origine stessa della vita è scaturita da un atto di carità, di gratuità assoluta che il Mistero ha voluto fare verso l’uomo e di cui abbiamo un sigillo indelebile nel cuore. L’uomo quindi è destinato e chiamato a vivere la vita secondo questa legge, la legge della carità.
Ma sappiamo che questo non è certo la normalità delle nostre giornate, non è certamente la legge che seguiamo, il criterio che ci muove normalmente.
Qui sta il passo di coscienza che, questi avvenimenti mi costringono a fare.
La carità è talmente inscritta nel cuore di ciascun uomo che, in eventi drammatici quali l’alluvione o il terremoto, tutti, se con il cuore ancora minimamente attivo, percepiscono l’evidenza e l’esigenza di andare verso il bisogno dell’altro, di condividere il dolore, di com-patire l’altro uomo.
Qui sta tutto il Mistero dell’Incarnazione. Se fosse normale, se l’uomo si muovesse normalmente secondo la propria esperienza elementare non ci sarebbe stato bisogno dell’incarnazione di Dio, del fatto di Cristo che si è fatto compagno all’uomo.
Ancora Don Giussani: “Non è compito di Gesù risolvere i vari problemi ma richiamare alla posizione in cui l’uomo più correttamente può cercare di risolverli. All’impegno del singolo uomo spetta questa fatica, la cui funzione d’esistenza sta proprio in quel tentativo”.
La realtà con le sue grandi contraddizioni risveglia il cuore di tutti gli uomini, ma questo è solo l’inizio del cammino. Non possiamo rimanere a questo aspetto senza andare all’origine del desiderio riconoscendo Chi ci ha testimoniato la vera carità. Quindi il compito è di educare questa posizione originaria dell’uomo riconoscendo la presenza di Chi il cuore ce lo ha dato.
Ma non solo questo, abbiamo anche un compito per tutti i giorni, quando il Bisagno ritornerà negli argini e tutti torneremo alla quotidianità che descrive Pavese: “la fatica interminabile, lo sforzo per star vivi d’ora in ora, la notizia del male degli altri, del male meschino, fastidioso come le mosche d’estate – quest è il vivere che taglia le gambe“.
E quale è questo compito?
Ci viene incontro come sempre Don Giussani con un realismo ed una chiarezza che non lascia alibi: “Perciò la vita dell’umanità in questo mondo sarà sempre dolorosa e confusa. Ma il compito di coloro che hanno scoperto Gesù Cristo – il compito della comunità cristiana – è proprio quello di realizzare il più possibile la soluzione degli umani problemi in base al richiamo di Gesù”.
Realizzare il più possibile la soluzione degli umani problemi in base al richiamo di Gesù. Sarebbe interessante capire il significato vero di questa frase.
Certamente il richiamo più potente di Gesù sta proprio nella concezione che ha dell’uomo, della sua vera statura, una concezione della vita dell’uomo testimoniata da da uno sguardo misericordioso e caritatevole su di esso. Anche questo tutto da capire e da scoprire.
Che cammino affascinante può iniziare se si asseconda l’invito che arriva a noi attraverso le circostanze della vita.

Lampreda