Awake my soul

Andando avanti con gli anni si diventa “difficili”. Il palato si affina e il plancton di tutti è ormai un pappone indigesto. Così ora pesco nel fondo a bocca aperta più che posso seguendo la scia dei pesci più esperti: l’esperienza è una gran cosa, specie alle nostre profondità. Eccovi allora il mio pranzo di oggi: una canzone trovata tra le maglie larghe della rete e i versi sparsi di un vecchio pescione anglosassone che la sa lunga. Capita a volte di imbattersi in un sapore che ridà gusto a tutta la vita. Abbiamo bisogno di trovare qualcuno in grado di risvegliare la nostra anima ridotta a non sperare più, non è vero?

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Awake my soul
(Risveglia la mia anima)
Quanto mutevole il mio cuore e quanto storditi i miei occhi / Lotto per trovare una qualche verità tra le tue bugie / ed ora il mio cuore si imbatte nelle cose che non so / la mia debolezza dovrò mostrarla, alla fine. / Dammi una mano e li conquisteremo tutti / ma prestami il tuo cuore e ti farò innamorare / Prestami i tuoi occhi, posso trasformare quel che vedi / ma devi mantenere la tua anima completamente libera. / In questi corpi vivremo, in questi corpi moriremo / dove investi il tuo amore, dove investi la tua vita. / in questi corpi vivremo, in questi corpi moriremo / dove investi il tuo amore, dove investi la tua vita. / Risveglia la mia anima, risveglia la mia anima / Risveglia la mia anima / Sei stato creato per incontrare il tuo creatore / Risveglia la mia anima, risveglia la mia anima / Risveglia la mia anima / Sei fatto per incontrare il tuo creatore / Sei fatto per incontrare il tuo creatore.
(Mumford & Sons)

Su vaste distese ventose e oltre
Alfred attraversò la boscaglia,
sferzato dalla gioia dei giganti
quella gioia senza un motivo.
Il re andava cercando uomini del Wessex,
come si separa un chicco dalla paglia,
i pochi ancora vivi e disposti a morire,
che ridono, come teschi sparsi sulla terra,
sconfitti in battaglia e rivolti al cielo
con il loro riso eterno.
[…]

Non dico nulla per il tuo conforto,
e neppure per il tuo desiderio, dico solo:
il cielo si fa già più scuro
ed il mare si fa sempre più grosso.
La notte sarà tre volte più buia su di te
e il cielo diventerà un manto d’acciaio.
Sai provar gioia senza un motivo,
dimmi, hai fede senza una speranza?
[…]

Gli uomini dell’Est scrutano le stelle,
per segnare gli eventi e i trionfi,
ma gli uomini segnati dalla croce di Cristo
vanno lieti nel buio.
[…]

Perché nella foresta densa di paure,
come una strana folata che giunge dal mare,
lo sospinse quella antica innocenza
che è molto più della destrezza.
E come un bambino i cui mattoni crollano
si mette a sistemarli ancora e ancora,
vennero crolli e scrosci infuocati,
col tempo, che gira come una ruota,
e accovacciatosi tra le ginestre e le felci
egli cominciò la sua vita una volta di più.

(G.K. Chesterton)

P.S.
I versi di Chesterton sono tratti da “La ballata del cavallo bianco”, Raffaelli Editore, 2009, a cura di A. Teggi, da cui traggo la precisazione che segue. Alfred è un re guerriero e impavido, ma soprattutto un uomo «ignorante e coraggioso». Un uomo che le circostanze della vita mettono in mezzo ad una battaglia che egli combatte non come evento importante in sé, ma importante perché parte del rischio imprevedibile della vita, un’ “occasione opportuna”. Nel testo di Chesterton ricorre più volte un’espressione significativa: siamo nel momento cruciale della battaglia, in cui le tecniche militari non servono più, in cui il re vede tra i suoi uomini pochi vivi e tantissimi morti. È il momento in cui il guerriero si butta alla cieca: l’ultima carica. Chesterton dice di Alfred, che sta per buttarsi nell’ultimo cieco attacco, che in quel preciso momento “ricominciò la sua vita”: egli non è un uomo che va incontro alla morte; è un uomo che di fronte ad ogni eventualità, anche tragica, “ricomincia la vita”. “Once more”: una volta di più.

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