Bisogni educativi speciali

Tempo fa, parlando con una collega, ho capito di essere stata una bambina B.E.S. Intendiamoci, all’epoca la sigla era sconosciuta, così come i piani individualizzati e le misure compensative. Tuttavia la dinamica del mio recupero è stata tale che nemmeno il migliore dei p.d.p. avrebbe potuto.
Racconto. Figlia unica tendenzialmente insonne, nei primi anni di vita ho trascorso molte ore, soprattutto della notte, ad ascoltare favole (infinitamente grata ai miei genitori per la loro disponibilità alla lettura). Mai abbastanza. Ero ancora piccola piccola quando ho iniziato a desiderare la mia indipendenza (nella lettura), così ho smesso di guardare le figure e ho chiesto a mia madre di “indicarmi i segnetti”. Poi sono arrivate le meravigliose fiabe sonore della Fabbri (e chi non sa di cosa parlo… ahi lui!) e la strada è andata tutta in discesa.
Così il 1 ottobre (ché allora la scuola era una cosa seria) dell’anno del Signore 19**, sono entrata in classe capace di leggere molto meglio di adesso (l’enfasi delle fiabe sonore mi aveva segnato) e assolutamente incapace di scrivere, anche solo in stampatello, l’iniziale del mio nome.
Ho passato mattine intere in angoscia mentre ascoltavo i compagni ripetere: a—-pe, a——iuo——la… e pomeriggi interi a piangere su quelle a (stupide! stupide!) che messe lì tutte in fila non significavano niente e che, soprattutto, la mia mano rifiutava di tracciare.
Era un pomeriggio di novembre quello in cui la maestra venne a trovarmi. – Chiarisco: all’epoca questa straordinaria donna – che aveva in carico 38 (trentotto) bambini di sei anni – era già nonna, vedova e abitava in un paese a 20 km dalla mia città. – Questa la sua proposta: smettere di fare i compiti e leggere tutto quello che avessi voluto, ma con l’impegno di scriverle (scriverle!?) quello che mi colpiva.
La mia maestra aveva capito che per sbloccarmi avevo bisogno di uno scopo e di un rapporto, per questo aveva deciso di smettere di insegnarmi a scrivere le letterine e di propormi di scrivere i miei pensieri.
Del resto Einstein, che era un genio, doveva pensarla più o meno allo stesso modo quando diceva: “Se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi passerà tutta la sua vita a credersi stupido”.  Ecco, la mia geniale maestra mi ha aiutato a capire che non era necessario che mi arrampicassi sugli alberi e mi ha insegnato a nuotare (che poi per un’Alicetta…)!
Ho scritto queste 10n righe per gratitudine verso la piccola grande donna che ho avuto l’onore di avere per maestra (e che da anni se la gode in Paradiso) e per augurare ai miei insegnanti preferiti – cioè a quelli che seguono questo blog – anche solo un millesimo del suo intuito, del suo genio, del suo cuore.
Buon inizio,

Alice