Cattolici democratici vs cattolici popolari

Dalle colonne del Sussidiario Giulio Sapelli esulta per la vittoria di Renzi che “finalmente” sancisce la fine dell’unità partitica dei cattolici, degno epilogo di quell’iscrizione del PD al PSE portata a termine da un cattolico che ha (finalmente?) dimostrato “grande libertà”. Sapelli afferma che il risultato più grande delle elezioni è la vittoria del cattolicesimo democratico a scapito di quello popolare e di quello catto-comunista.
A parte il fatto che l’unità partitica dei cattolici è finita 20 anni fa, nell’analisi Sapelli non ha torto, anche se secondo me non c’è niente di cui esultare. Con Renzi vince quel cattolicesimo che in politica pensa che la qualificazione del proprio essere cattolici sia il rispettare le regole e le procedure della democrazia. Perde invece il cattolicesimo che pensa che in politica debba entrare la tradizione di un popolo, religione inclusa. La differenza è abissale: per i primi importa che ci sia una legge sul fine vita e sull’aborto, e che si sia soprattutto onesti. Per i secondi, che Eluana viva, che i bimbi non vengano uccisi, e che ci sia lavoro e sussidiarietà. Sono esempi non definizioni, ma forse riescono a rendere l’idea.
Sui giudizi, poi, ci sarebbe molto da dire. La “grande libertà” del cattolico che si iscrive al PSE una volta si chiamava contraddizione. È un po’ come elogiare la libertà di un professore che non va a lezione o di un medico che non cura.
Speriamo di non dover celebrare la grande libertà di un cattolico che fa passare la legge sull’eutanasia per permettere al welfare di sopravvivere.

Torpedine

Una risposta a “Cattolici democratici vs cattolici popolari”

  1. Comunque a me “cattolico e … basta”, qualcuno dovrà pur spiegare, anche senza ripetermi che l’ennesima votazione è una ulteriore occasione per me, perché votare, e di conseguenza stare in un’Europa artificiosa, dove chi governa salva le banche, mentre permette che quelli a cui manca un tozzo di pane a casa loro, finiscano in fondo al mare.

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