Cogestione. Nuova formula della vecchia ‘autogestione’ che da qualche anno si organizza nelle scuole. Si chiamano anche Laboratori di democrazia, realizzati da esperti esterni con l’impegno di studenti e docenti. Insieme. L’idea è tutto sommato bella perché vede protagonisti per tre giorni i ragazzi che, con estrema serietà, fanno il servizio d’ordine (e come sono severi con i loro coetanei!), accolgono gli ospiti, gestiscono orari e spazi della scuola e, in alcuni casi, fanno da relatori sugli argomenti che davvero interessano loro! Tra gli incontri di questa edizione del 2017 nel mio liceo torinese una ex allieva racconta e fa vivere direttamente l’esperienza tutta orientale del mandala, disegni geometrici dalle forme estremamente artistiche. Ognuno inizia a colorare il suo mandala. Poi, improvvisamente, senza che fosse stato preventivamente detto, il ”tuo” mandala passa al vicino che finisce di colorarlo e tu ti ritrovi a completare il mandala di qualcun altro. Dopo questa collaborazione ecco che prendono forma meravigliosi disegni variopinti. Poi alla fine, con ulteriore sorpresa, tutti sono invitati a distruggere il mandala che hanno tra le mani. Tutto questo per vivere e imparare la collaborazione e il distacco dalle cose materiali.
Mentre la mia collega di arte mi raccontava entusiasta di questo laboratorio, io dentro di me dicevo: ”Ma pensa come siamo noi gente del xxi secolo… Critichiamo tanto la Chiesa perché, diciamo, insegnava nel medioevo il disprezzo del mondo (De contemptu mundi) e la sentiamo lontana ancora oggi quando ci ricorda che le cose finiscono, poi allo stesso tempo siamo entusiasti per le filosofie orientali che ci fanno scoprire la stessa cosa.
Quello che io desidero però, vorrei dire alla mia collega, è qualcosa che tenga insieme la caducità delle cose, la consapevolezza che esse non sono mie e, allo stesso tempo, la loro eternità. Desidero amare le cose materiali, tutte. Desidero che non abbiano fine. Né che si distruggano tra le mani. Desidero che non abbia fine il volto che amo. La vita di chi mi è compagno nella strada. Desidero guardare le cose nella loro realtà totale, fatta di finito e di infinito insieme. Di un finito che apre all’infinito. Di una materia che apre all’eternità. Questo è il cristianesimo che ho incontrato io e che mi permette di non vivere da schizofrenica. Altrimenti, quando sono sono attaccata alle cose, le pretendo con violenza e odio chi mi dice che finiranno. Quando le cose mi stufano, ricerco una spiritualità vaga che mi faccia distaccare dal mondo materiale brutto e cattivo. Ma così separo e taglio via un pezzo di me.
Stella Marina