Corsi e ricorsi storici

Sulla dolorosa vicenda del piccolo Alfie si è detto e scritto tanto, ed appunto leggendo un articolo che descrive minuziosamente i suoi ultimi giorni di vita, dove tra le altre cose ho scoperto che Alfie è stato lasciato per ben 36 ore senza alimentazione, mi è tornato alla mente un film, Nebbia in agosto, ambientato in un contesto completamente diverso, quel nazismo ancora oggi aborrito da tutti, a parole, ma purtroppo, nei fatti, molto meno lontano di quanto si potrebbe pensare.

La vicenda narrata nel film si svolge tra il 1942 ed il 1944 nell’istituto psichiatrico di Kaufbeuren, realmente esistito e tristemente noto per il suo direttore, il medico e psichiatra Valentin Falthauser, l’inventore della cosiddetta Dieta E (Sonderkost), una “dieta da fame”, priva di grassi, a base di sole rape, cavoli e mele, bolliti per moltissime ore in modo da perdere ogni tipo di sostanza nutritiva, portando il paziente al deperimento in un periodo di massimo tre mesi. Questa invenzione ebbe così successo che si estese ben presto a tutti i reparti di eutanasia della Germania nazista!

In Germania, infatti, era operativa da alcuni anni la cosiddetta Aktion T4, il programma nazista di eutanasia che sotto responsabilità medica prevedeva la soppressione di persone affette da malattie genetiche inguaribili e da portatori di handicap mentali, cioè delle cosiddette “vite indegne di essere vissute”.

Ed è stato proprio mentre cercavo ulteriori informazioni su questo programma che ho trovato altre due interessanti analogie con i giorni nostri.

La prima riguarda la massiccia propaganda predisposta dal regime nei confronti del programma di eutanasia. Un esempio significativo su tutti: il film Ich klage an (“Io accuso”) uscito nel 1941, basato sul romanzo Sendung und Gewissen (“Missione e coscienza”) del medico e scrittore Helmut Hunger, elemento chiave dell’Aktion T4. Il film racconta di un medico che uccide la moglie malata di sclerosi multipla che lo supplicava di mettere fine alle sue sofferenze. Ad un collega che gli confida “L’aveva chiesto anche a me, ma non l’ho fatto, perché l’amavo!” il protagonista risponde “Io l’ho fatto perché l’amavo di più”. Processato, il medico chiede ai giudici “Vorreste voi, se invalidi, continuare a vegetare per sempre?”, e li invita a tener conto della necessità di una legge che risolva il problema di chi chiede di poter morire in pace. Da notare che, nonostante sia stato prodotto in pieno regime, in tutto il film non viene fatto mai alcun riferimento all’ideologia nazista, in modo da dare l’impressione di un messaggio “neutro”, asettico, da un lato, e da tenere nascosto il vero obiettivo del messaggio (il sostegno all’Aktion T4) dall’altro.

Un metodo che ben conosciamo, purtroppo: “creare” il caso eclatante, dal punto di vista mediatico, e far passare il messaggio che l’eutanasia consista nel “voler veramente bene”, senza contare il “profetico” riferimento alla necessità di una legge che “risolva il problema” una volta per tutte!

Ultima analogia, che nel dolore lascia un filo di speranza: può sembrare incredibile, ma l’Aktion T4 – conosciuta attraverso i racconti del personale medico e paramedico chiamato ad attuarla e attraverso le famiglie che si vedevano forzatamente private di figli e altri parenti, che non tornavano più a casa e risultavano deceduti “a causa di una polmonite” – suscitò non poche proteste in Germania.

Il brano che segue è tratto da un sermone di Clemens von Galen, vescovo cattolico di Munster, da lui trascritto ed indirizzato a Hitler in persona il 3 agosto 1941: “Si dice, di questi pazienti: sono come una macchina vecchia che non funziona più, come un cavallo vecchio che è paralizzato senza speranza, come una mucca che non dà più latte. Che cosa dobbiamo fare di una macchina di questo genere? La mandiamo in demolizione. Che cosa dobbiamo fare di un cavallo paralizzato? No, non voglio spingere il paragone all’estremo… Qui non stiamo parlando di una macchina, di un cavallo, né di una mucca… No, stiamo parlando di uomini e donne, nostri compatrioti, nostri fratelli e sorelle. Povere persone improduttive, se volete, ma ciò significa forse che abbiano perduto il diritto di vivere?

Pescespada