Cosa resterà… della Confederations Cup?

In Brasile è appena terminata la Confederations Cup, torneo che fa da preludio alla competizione mondiale che si terrà il prossimo anno sempre in terra carioca.
Sullo sfondo di un torneo dal fascino del tutto particolare per chi segue il calcio e non è abituato a restare fino alle due di notte a guardare undici giapponesi che corrono come matti, alcuni media (quelli non ammaliati, al pari di Buffon, dal calcio di punizione di Neymar) hanno dato notizia di manifestazioni di protesta di quella parte del popolo brasiliano non impegnato sugli spalti, spesso sfociate in tumulti a seguito dell’intervento delle forze dell’ordine.
Il popolo (soprattutto la classe media e non soltanto i cosiddetti poverissimi) è sceso in piazza per manifestare contro il governo e l’aumento del costo dei servizi pubblici, a fronte degli investimenti ingenti realizzati per la costruzione delle infrastrutture necessarie allo svolgimento delle competizioni calcistiche 2013/2014 e delle olimpiadi in programma nel 2016.
Siamo onesti, alzi la mano chi non resta almeno un po’ interdetto dalla vista del meraviglioso stadio di Salvador con sullo sfondo chilometri e chilometri di favelas? D’altro canto però non riusciamo ad affermare come sbagliata la scelta di organizzare tre competizione internazionali di grande ritorno economico come quelle aggiudicate da uno Stato in via di sviluppo come il Brasile.
Ma dov’è il punto allora? Quello dei brasiliani è sono un lamento opportunamente manovrato? O il Governo brasiliano (tra le lezioni di inglese gratis alle prostitute e la momentanea rimozione delle favelas perché… non giova alla vista) ha tralasciato qualcosa?
Al di là delle purtroppo fisiologiche strumentalizzazioni che conducono ultimamente alla violenza ogni grande manifestazione di protesta, non possiamo non condividere la spinta ideale di un popolo che reagisce davanti a quella che avverte come un’ingiustizia sociale. Se il Governo brasiliano continuerà nella direzione (di fatto tracciata dalla Cina) della crescita economica a tutti i costi e solo per alcuni, incrementando la già accentuata disparità sociale del Paese, non dovrà sorprendersi di vedere contestate anche scelte non particolarmente opinabili.
Cosa resterà di questa Confederations?
Oltre all’urlo strozzato in gola dal colpo di testa ad altezza ginocchio di Maggio contro la Spagna, ancor di più la consapevolezza che non è l’indifferenza la posizione vera dell’uomo; né in Brasile, né tantomeno a casa nostra… dove ultimamente si vive una “strana assuefazione alla menzogna”.

La Compagnia del Nasello

Una risposta a “Cosa resterà… della Confederations Cup?”

  1. Probabilmente non è sufficiente, parafrasando Cetto Laqualunque, la politica del “cchiù PIL per tutti!!!”.

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