Il “CRADLE-TO-THE-GRAVE WELFARE SYSTEM” o della PARALISI DELL’IDEALE

E’ ancora indomabile il desiderio di costruire?

Le critiche ed i rilievi mossi dal Vicegovernatore del Molise, Michele Petraroia, al Ministro Poletti ed al Viceministro Morando, in un recente comunicato stampa sono assolutamente condivisibili (clicca qui).
Dopo aver sottolineato che «…un assetto istituzionale più moderno aiuta il Sistema Paese ad essere più snello e competitivo recuperando inefficienze, sprechi e spese inutili, …» in quanto «organizzare meglio l’assetto amministrativo statale, regionale e locale, permette di recuperare margini di efficienza ponendo al centro della strategia politica il lavoro, l’impresa ed uno sviluppo equilibrato, armonico e sostenibile» ha rimproverato ai due componenti dell’attuale governo che «non serve ricorrere alla propaganda per alimentare aspettative illusorie nei cittadini circa le ricadute occupazionali che ci si attende da alcuni provvedimenti approntati in materia di lavoro».
La soluzione che propone, invece, lo è meno. Infatti ricorda che «nel 1977, quando il tasso di disoccupazione era come oggi al 13%, lo Stato si inventò la “285”, una legge che permise di assumere decine di migliaia di giovani negli Enti pubblici, nel mentre in questi giorni il Commissario per i tagli alla spesa, Cottarelli, parla di 85 mila esuberi nella Pubblica Amministrazione» e conclude affermando: «O lo Stato tira fuori i soldi, o col fumo non si crea lavoro!».
In effetti, le risorse (“i soldi”) che vengono messi a disposizione per finanziare i provvedimenti cui fa riferimento il Vicepresidente della Giunta Regionale sono alquanto inadeguate.
Ma non si tratta solo dell’insufficienza delle risorse finanziarie, si tratta di una questione più sostanziale.
Se avessimo avuto le risorse sufficienti, avremmo già da tempo costruito il “cradle-to-the-grave welfare system”, il sistema che protegge i cittadini di uno stato “dalla culla alla tomba”, cioè durante l’intero arco di vita, attraverso un “welfare state” in grado di garantire livelli di qualità della vita e di protezione sociale molto elevati come nei Paesi scandinavi.
Ma siamo sicuri che politiche economiche di tale tipo rappresentino l’unica soluzione?
Non si rischia di girare intorno al problema e alle difficoltà?
Non sarebbe ora di offrire concretamente la possibilità al singolo cittadino e alle “formazioni sociali ove si svolge la sua personalità” (Art. 2 della Costituzione Italiana) di dare risposte ai bisogni delle persone realizzando servizi di pubblica utilità attraverso detassazioni, agevolazioni fiscali, buoni, libere donazioni, etc.?
Solo così, probabilmente, si potrà far rinascere il desiderio di costruire a partire da quegli ideali che hanno fatto sorgere in Italia scuole, ospedali, opere di assistenza, etc. etc..
In un Paese dove si promuovono referendum contro le scuole paritarie, si sospendono servizi (come gli asili) perché non ci sono soldi e se ne finanziano altri inutili (come il sistema regionale di orientamento) occorre un cambiamento radicale del rapporto Stato-Società.
Questo cambiamento può accadere solo dalla rinascita del “desiderio dell’io”, non più bloccato da uno statalismo, centralista o regionalista, che pretende di pensare al cittadino dalla culla alla tomba, dal “cradle-to-the-grave”, appunto.

Pesce (ner)Azzurro