Cosa accade con la nuova antropologia determinata dal postumanesimo? Il cristianesimo viene soppiantato e sostituito da una nuova visione sull’uomo; la conseguenza è che senza Cristo anche l’istanza morale difficilmente reggerà, sostituita da un politicamente corretto insensato e odioso. Far comprendere questo non è facile: rinchiudersi nei fortini della fede non produce minoranze creative, ma solo sette spaventate.
Il grido dei decenni precedenti di ‘abbattere i bastioni’ per una ‘Chiesa in uscita’, paradossalmente oggi si capovolge forse nel suo opposto: resistere chiusi nel fortino della fede. L’alternativa può essere quella di sfidare la realtà senza Cristo che sta sorgendo all’orizzonte.
Il cambiamento è avvenuto con una velocità impensabile. Il “non possiamo non dirci cristiani” di Croce nasceva da una cultura umanista tutta impregnata di cristianesimo, anche quando laica e anticlericale. La novità che ha travolto la fede e stravolto l’uomo è la galoppante irruzione della nuova antropologia. La cosiddetta questione antropologica, che la Chiesa con Benedetto XVI ha insistito a spiegare ed elaborare, non è mai stata davvero capita, in fondo, nemmeno dai credenti. Ha prevalso lo schema dei nuovi diritti civili e delle libertà individuali da difendere a tutti i costi. Lo scontro sui temi dei fondamenti dell’umano è stato dipinto come un conflitto tra chi voleva nuove libertà e chi si ostinava a voler reprimere quelle libertà e misconoscere quei diritti. Ma, se la condizione umana resta identica a se stessa, inventare nuove libertà non è facile; il confine è nei limiti che ci sono assegnati dal nostro essere persone che nascono, generano, muoiono sempre allo stesso modo, con gli stessi bisogni e le stesse fragilità.
La rivoluzione antropologica porta con sé la cancellazione dell’idea di limite, seguendo le nuove possibilità biotecnologiche e disegnando su di esse la nuova umanità, con conseguenze che già cominciamo a vedere. Cambiano i desideri, le aspirazioni, i progetti di vita, l’idea di realizzazione personale. Cambia, in una parola, il cuore dell’uomo. La felicità si pone come obiettivo strettamente individuale, che non tollera condizionamenti e punta sui consumi (di beni, esperienze, rapporti) più che sulle relazioni. Tutto quello che limita la piccola espansione narcisista dell’io nel mondo in cui si specchia è considerato oppressivo e intollerabile.
E nessuno può essere immune dalla cultura che permea il proprio tempo; gli ambienti cristiani, anche quelli più conservatori, sono già toccati dal cambiamento che non passa dalla paura o dall’opportunismo, ma dalla convinzione, dall’adesione spontanea.
Che fare? La tentazione di urlare alla luna è forte, ed è quello che sta accadendo: i credenti si accontentano di non disturbare, oppure all’opposto di alzare grida che lasciano il mondo non solo indifferente, ma convinto che si tratti di minoranze esagitate che devono tornare, se non nelle fogne, nelle catacombe. Il mondo non è devastato dal paganesimo o dai barbari, ma da una mutazione genetica, una sorta di ultracorpi che penetrano in tutti noi.
Rinunciare a indagare e capire il mondo che ci circonda produce circoli chiusi, asfittici, incapaci di frenare l’emorragia di fedeli e di spiegare le ragioni della propria fede. Bisogna invece inserirsi nei guasti della nuova antropologia e cercare di far capire quello che sta accadendo. Non possiamo non dirci cristiani perché siamo umani: il mondo sarà post cristiano se diventerà post umano.
Moscardino