Una divisione che riguarda l’élite

Ci dicono che il Paese è profondamente diviso ma, se uno guarda attentamente, vedrà che il luogo comune – come tutti i luoghi comuni – è solo parzialmente vero. Alla fine al referendum ha votato il 65%. Tanti ma non tantissimi come ci si voleva far credere nel giorno delle votazioni, sperando che ciò andasse a favore del sì.  Ci sono 17 milioni di persone che non hanno votato: a costoro il referendum non interessava abbastanza.

Tra i restanti 33 milioni divisi in 19 milioni per il NO e 13 per il SI non penso che si possa individuare una divisione profonda. Ci sono tanti che hanno votato NO per mantenere una Costituzione che tutto sommato ci ha portato ad essere un Paese distrutto fino a essere una delle grandi potenze del mondo, ci sono altri che hanno votato NO per seguire vagamente ciò che ci diceva il Partito di appartenenza, molti che hanno votato NO perché Renzi è stato arrogante, alcuni che sono persino dispiaciuti di aver votato NO. Nei bar e nelle pizzerie non si sentono discussioni assordanti e non c’è nessun clima da tragedia. C’è più ironia che violenza, più indifferenza che desiderio di vendetta o di rivincita.

La divisione vera è solo nell’élite, dove la riforma è stata pensata e dove è stata avversata pubblicamente con ragionamenti sofisticati. L’élite del Paese in questo momento è spaccata, ricomincia la faida giudiziaria, non ha un progetto alternativo perché non si aspettava questa divisione interna e la parte proponente non si aspettava di essere sonoramente smentita. Dato il momento, occorre forse rimettersi a pensare ai problemi veri del Paese – al lavoro prima di tutto, che è il vero incubo della gran maggioranza. E’ la classe dirigente e pensante del Paese che deve mettersi in pace con se stessa, non cercare né vendette né rivincite e cominciare a lavorare sul serio. Il popolo lo sta già facendo.

Torpedine