Grazie mille Max, cantastorie gentile delle nostre piccole grandi storie

Grazie mille Max, cantastorie gentile delle nostre piccole grandi storie
Foto di Vishnu R da Pixabay

Dobbiamo ringraziare il cielo” è l’inizio della fine del concerto di Max Pezzali, prima di ri-cantare tutti insieme “per ogni giorno, ogni istante, ogni attimo che sto vivendo grazie mille”. Si era partiti due ore prima con la colonna sonora dell’adolescenza di una generazione che oggi ha tra i 35-55 anni: “vieni su da me che tanto non ci sono i miei”, “si era detto otto e mezzo puntuali al bar, però lo sapevamo già (scia la-la), che tra una cazzata e l’altra c’è Cisco che passa in bagno un’eternità”, “nell’ora di lettere guardandola riflettere sulle domande tranello della prof, non cascarci, amore, no”.  Sembra di risentire i nostri dialoghi messi in musica, quando ci siamo persi con gli amici, quando ci sentivamo eroi per l’avventura di una sera, quando “andavamo in discoteca solo per ballare e poi” passavamo “le ore appoggiate al muro”.

Discorsi musicati, senza pretese di originalità o profondità ma proprio per questo universali, pertinenti, incastonati nella storia di ciascuno. Ci sono anche i due di picche e c’è la narrazione del senso di vuoto che ha attanagliato tutti noi quando il perimetro del quartiere cominciava a essere stretto e quello del desiderio del mondo a diventare largo. La nostalgia degli “anni in motorino sempre in due” diventa poi “l’età della ragione” in cui si fanno i conti con gli amici persi perché “le strade, piano piano, ci hanno fatto allontanare” e dove affiora la possibilità di un rapporto affettivo che ha i tratti del per sempre “nella buona sorte e nelle avversità”. C’è l’adolescenza, c’è la maturità, la nostalgia, il rimpianto, ma soprattutto la gratitudine per “lo strano percorso di ognuno di noi che neanche un grande libro un grande film potrebbero descrivere mai”. Le sappiamo tutte le canzoni, cantiamo a squarciagola ogni parola perché erano e sono le nostre parole. Il concerto è un caleidoscopio di piccole grandi storie, ciascuna abitata da un noi, da un rapporto “altro”. Un noi che è soprattutto amicizia. Un bagno di realtà nell’oceano di introspezione in cui annegano i testi dei principali cantanti italiani che ci inondano quotidianamente di una disperata solitudine. Grazie mille Max Pezzali, cantastorie gentile che senza intellettualismi ci racconti e ci fai cantare la banalità del bene.

Medusa