I. Nemirovsky

Qualche settimana fa ho letto un libro bello, non bellissimo, che mi ha fatto pensare. Suite francese di Irene Nemirovsky, da molti già letto, e conosciuto.
Bisogna ammettere che I. Nemirovsky scrive benissimo. Come in molti altri suoi romanzi, l’autrice è bravissima nel descrivere e nel far immedesimare chi legge; ma la forza di questo libro, questa volta, non sta solo in questo. Il romanzo narra le vicende di alcuni uomini, fra loro diversissimi per storia, per educazione, per estrazione sociale, per concezione di sé e della vita, che si trovano coinvolti nell’estate del 1940 nella fuga da Parigi, bombardata dai tedeschi. Il lettore si trova di schianto immerso in un aristocratico palazzo di Parigi, accanto alla tata che, con apprensione (più doverosa che sentita), sta cercando di fare i bagagli dei numerosi figli di una orgogliosa madre di famiglia cattolica e un po’ bigotta; o nell’ufficio di un direttore di Banca spregiudicato, e anche un po’ meschino, indaffarato a rassicurare la sua amante (una ballerina viziata) che la loro fuga avverrà assolutamente in macchina, senza alcun pericolo né per i suoi vestiti, né per i nervi della sua giovane amante. Oppure ancora nell’animo di un giovane boy scout finalmente raggiunto, con questa notizia, dalla possibilità di combattere per la Francia, e di lottare per qualcosa di reale e di grande!
In tutti questi scenari di umanità quel che più mi ha colpito però è stato vedere che nel libro, come nella vita, di fronte alle scelte grandi viene fuori la cosa più intima dell’umano, il cuore come impeto di affezione e libertà sulle cose; ciò in cui l’uomo ripone il suo tesoro e per cui è disposto a lottare, appunto, i suoi ideali.
Così nei preparativi della fuga da Parigi, si vede cosa uno desidera: una doccia calda, o rivedere il proprio figlio tra gli sfollati; un panino al foi gras o pensare al destino di alcuni ragazzini orfani abbandonati. L’azione che fai rivela cos’è, chi è ciò per cui vivi, ciò per cui impieghi il tempo, ciò che vale, normalmente, quando ami, lavori, viaggi, scrivi.
Come accade ad una coppia che si trova a fuggire senza prender niente, tranne la scoperta della gratitudine dell’essere insieme, dell’essere uniti, dell’essersi sposati, dell’esserci l’uno per l’altra come dono che non si è mai conosciuto prima di allora.
Quello che il romanzo non dice è che in me la meschinità e l’aspirazione sincera del cuore stanno insieme. Non ci sono i buoni e i cattivi, come un po’ viene naturale giudicare i protagonisti del romanzo. Ma proprio per questo bisogna sbilanciarsi un po’ – perché vi assicuro che conviene – e combattere il proprio moralismo per dar voce, o almeno provarci, alle proprie domande grandi, che fanno gustare anche quelle piccole.
Quello che fa la differenza, anche nei personaggi del romanzo, e che decide anche della loro imponenza umana, è se vi sia o meno questa domanda di un nesso tra ciò che si è, o si è arrivati ad essere nel mondo, e il significato di tutto. Cosa c’entro io, direttore di banca, con quel che sconquassa il mondo, cosa c’entro io adolescente con la guerra e la mia famiglia, cosa c’entra il bene che voglio a mio marito con il ricatto di un direttore di banca che tiene in scacco il mio e il suo lavoro… cosa vale di più? Io c’entro? Devo far qualcosa? Posso far qualcosa? Non vorrai mica pensare che sono responsabile di quel che succede? Mettiamo al sicuro quel poco che abbiamo e andiamo via!…
Oppure, paradossalmente, si scopre di essere amati da colui che ha la divisa del nemico, che val la pena stare sotto le bombe, e lottare, perché ho finalmente trovato la ragione per cui val la pena combattere, vivere e anche morire.
E’ bellissimo vedere le domande dell’uomo che vive in azione, è uno spettacolo immediatamente corrispondente. E’ contagioso.
Mi ha colpito questo aspetto perché l’ho trovato vero.
Penso che questo libro valga la pena perché fa vedere questo, illumina l’umano in questo senso. Di fronte al dramma vengono fuori le domande più vere e il “più vero” di sé, per cui uno sa cosa è disposto a lasciare e cosa invece non lascerebbe mai, quello a cui non rinuncerebbe mai di fronte ad un bombardamento. Io me lo sono chiesto.
 
Sea Horse