Il denaro e l’allegria

Sono fatto anch’io di carne e ossa. Pesce e lisca, a dire il vero. E’ la mia natura. Devo farci i conti. E ce li faccio. Vi racconto cosa mi è successo oggi.
Per lavoro stavo cercando materiale sulla crisi e mi è tornato in mente un libro letto diversi anni fa: “Il denaro” di Charles Péguy, del 1931. Lo riapro: lettura continua e folgorante. Risvegliato dal gran concerto di stoviglie del poeta di Orléans, anche il mio vecchio demone borbonico, che ospito da tempo immemorabile tra fegato e branchie, è tornato a farsi vivo, berciando di Stato-canaglia, rivoluzione monarchica ed altre amenità. Non ho neanche provato a trattenerlo – come avrei potuto? Lui è grande e grosso, io solo un pesce piccolo! Mi guardo bene dal trascrivervi di seguito il suo farneticare, anche se non so fino a quando riuscirò a tenerlo a bada, specie finché dura questa farsa di governo tecnico…
Ma intanto eccovi il Péguy. Nostalgico e tagliente.

«C’è un’innocenza che non si recupera. C’è una semplicità che va perduta una volta per tutte. Nella vita dei popoli, come in quella degli uomini, alcuni fatti sono irreversibili. […]. È vero, tutto è irreversibile. Ma per alcune età questo accade in un modo del tutto peculiare.
Lo si creda o no, noi siamo stati allevati nel seno di un popolo allegro.
Un cantiere era allora un luogo della terra dove gli uomini erano felici. Oggi un cantiere è un luogo della terra dove gli uomini recriminano, si odiano, si battono; si uccidono.
Ai miei tempi tutti cantavano (me escluso, ma io ero già indegno di appartenere a quel tempo). Nella maggior parte dei luoghi di lavoro si cantava; oggi vi si sbuffa. Direi quasi che allora non si guadagnava praticamente nulla. Non si ha l’idea di quanto i salari fossero bassi. Nondimeno tutti mangiavano.
Anche nelle case più umili c’era una sorta di agiatezza di cui si è perduto il ricordo. Conti, non se ne facevano. Perché c’era poco da contare. Ma i figli potevano essere allevati. E se ne tiravano su. Era sconosciuta questa odiosa forma di strangolamento che oggi ci torce ogni anno di più. Non si guadagnava; non si spendeva; e tutti vivevano.
Era sconosciuta questa stretta economica di oggi, questo strangolamento scientifico, freddo, rettangolare, regolare, costumato, netto, senza una sbavatura, implacabile, accorto, costante, a modo come una virtù: una stretta in cui si è presi senza che si abbia nulla da ridire e dove chi è strangolato ha l’aria di avere così palesemente torto».

Scaro