Il giudizio di Salomone

(come il cuore – strumento insito in noi perché donato – ci permette di conoscere la realtà e di giudicarla)

In terza C, a conclusione di un lavoro piuttosto impegnativo sulla Genetica, ho invitato i ragazzi a scegliere alcuni temi da approfondire lavorando in gruppo. In quattro hanno ricercato materiale sulle applicazioni dell’analisi del DNA in vari campi, quali le indagini di Polizia o il riconoscimento di paternità. Sabato scorso ce ne hanno parlato.
R. spiega i vari metodi con i quali vengono prelevati i campioni di materiale genetico. Tra l’altro dice che, a volte, le analisi per identificare il padre vengono richieste dalla madre già nel corso della gravidanza. Per questo, vengono prelevati dei campioni con l’amniocentesi; spiega che si tratta di un metodo invasivo. Si blocca. R. è una ragazzina sveglia e studiosa, mi sembra strano ma, pensando che ha solo 13 anni, le chiedo: “Hai usato una parola che non conosci? Non ti è chiaro cosa significa invasivo?”. Risponde: “No, ho capito bene. Significa che, entrando a contatto con il feto, potrebbe provocargli dei danni. Solo che stavo pensando: ma che mamma è una donna che mette in pericolo la vita del figlio pur di scoprire (o di dimostrare) chi è il padre del bambino?”.
Ecco, utilizzando il cuore ultimo, R. è arrivata allo stesso giudizio del saggio re Salomone.
Ed io, che non sono saggia e che mi trascino dietro la pesante zavorra di anni e pregiudizi, sono di nuovo invitata ad un lavoro: perché il cuore ce l’ho e funziona, devo solo re-imparare ad usarlo.

(continua)

Alice