Il Ratto di Europa

Europa, giovane e bellissima, sta giocando con le sue ancelle sulla riva del mare quando Zeus la nota e se ne innamora. Il vecchio barbuto, per niente insensibile al fascino femminile, si fa avanti a suo modo. Trasformatosi in un toro bianco (lo preferisco di altro colore) mansueto quanto possente, egli si avvicina alle fanciulle e gioca con loro. Tuttavia, non appena Europa sale in groppa al bovino, questi inizia una folle corsa verso Creta, dove Zeus si palesa e dichiara il suo amore per la figlia del re dei Fenici.
Non ci è dato sapere se in questa folle corsa il Toro-Zeus con Europa sul groppone abbiano fatto sosta a Cipro. Quello che si conosce è che l’Europa dei nostri giorni, sempre più vecchia e meno bella, gli occhi sulla terza isola del Mediterraneo ce li ha messi eccome. E risuonano come un’eco lontana le parole fatali: crisi, debito pubblico, prelievi forzosi, rischio contagio… tutte parole che difficilmente un non addetto ai lavori intende nella loro particolare gravità, ma sicuramente lasciano intuire di esserlo. Eppure, credo che l’Europa non possa ridursi ad una enorme questione economico-finanziaria.
Europa – in fondo – non essendo un continente geografico è sempre stata qualcosa di più. E’ stata la madre delle grandi civiltà precristiane che trovarono la loro sintesi nell’epopea ellenistico-latina. In seguito, all’avvento del cristianesimo è come se la stessa Europa «scrollandosi di dosso la sua vecchiezza, si rivestisse d’un bianco mantello di cattedrali» (Rodolfo il Glabro) per farsi bella alla luce della teologia medievale. E ancora, teatro di guerre fratricide e sanguinolente ha visto sorgere in sé un persistente anelito di pace e di unità (si pensi ai progetti di Sully, dell’Abbé de Saint Pierre, di Kant e delle guerre Napoleoniche). Ha generato il diritto, ha implementato la filosofia, è stata la culla delle arti, ha dettato il tempo della politica e delle istituzioni e – perché no – ha dato vita all’economia. Insomma, è stata un’idea che ha attraversato la storia dell’umanità e si è presentata come un sogno realizzabile ai nostri nonni: un’Europa dei popoli unita e solidale. Adenauer, De Gasperi e Schuman ci hanno provato facendo leva su elementi comuni, ossia su «quella morale unitaria che esalta la figura e la responsabilità della persona umana col suo fermento di fraternità evangelica, col suo culto del diritto, ereditato dagli antichi, col suo culto della bellezza affinatosi attraverso i secoli, con la sua volontà di verità e di giustizia acuita da un’esperienza millenaria».
Solo ripartendo da questa frase che Alcide De Gasperi pronunciò a Parigi il 21 aprile 1954, gli sforzi che si sono fatti per avere un mercato comune ed una moneta unica non saranno stati vani. Solo con il desiderio di un’Europa viva, vitale e – perché no – dialettica, si potrà superare con rinnovato entusiasmo anche la crisi del debito di cui i burocrati che albergano a Bruxelles si riempiono la bocca, ma faticano a trovare una soluzione che salvi capra e cavoli, Europa e stati, banche e risparmiatori.

Pesce Persico