INTERNET NON È GRATIS…

Il presidente dell’Autorità Garante per le comunicazioni in Italia ha recentemente ricordato come internet non sia gratis: il prezzo che paghiamo sono i dati che noi vi immettiamo.

Vi sono programmi che “prezzano” i nostri dati. Ad esempio, un profilo anonimo di un uomo di 45 anni, sposato, senza figli, vale intorno a 0,5 dollari. Se aggiungiamo che ha delle allergie o che è depresso, il valore “schizza” a 1,8 dollari. Immaginiamo di moltiplicare il numero di profili e di aumentare i dati in essi contenuti: foto, conto corrente, libri letti, scelte commerciali… Il potenziale guadagno giustifica le molte violazioni della privacy e i tentativi di hackeraggio a cui quotidianamente assistiamo.

Questo introduce almeno tre questioni:

  1. La necessità di una presa di coscienza: se stiamo “pagando” almeno essere consapevoli e liberi nel farlo.
  2. Un problema di regolamentazione e, dunque, anche di interazione con la politica.
  3. Un’esigenza di educazione nell’uso di questi strumenti, soprattutto per i più giovani che vi nascono immersi.

Si capisce così anche quello che veniva raccontato recentemente alla Winter School (interessante scuola sull’ “arte della politica” che si svolge tra Torino e Rivarolo) a proposito dei nuovi lavori che si sviluppano intorno ai nuovi beni (per approfondimenti www.winterschool.it).

Gli scienziati più accorti (e meno ideologici) si sono da tempo interrogati sul rapporto tra tecnologia e uomo. “Un giorno le macchine riusciranno a risolvere tutti i problemi, ma mai nessuna di esse potrà porne uno”, evidenziava Albert Einstein, ben cosciente del limite intrinseco della scienza e della tecnica, o meglio, del fatto che esistesse in ogni progresso un punto di fuga che solo l’uomo può cogliere.

Dunque – parafrasando un altro illustre relatore della Winter School, Giuseppe Longo – viva l’homo tecnologicus! Purché resti sempre profondamente “homo”.

Sirenetta