La banalità del bene

La banalità del bene
Foto di Alexa da Pixabay

Che il male possa essere banale, non è cosa nuova, Hannah Arendt ce lo ha spiegato molto bene. Ma per arrivare alla banalità del male occorre prima che soprattutto il bene sia percepito come banale. E come può accadere tutto ciò? Con la perdita del significato delle cose. Si inizia sminuendolo, poi dimenticandolo e infine negandolo. Ma visto che le azioni umane – salvo gravi patologie della psiche – hanno sempre un significato, non si è più in grado di cogliere il significato della realtà e comprenderla.

 

Ultimamente, alcuni fatti di cronaca sembrano appunto impossibili da comprendere, apparendo incredibili, per crudeltà o freddezza o insensatezza (e spesso tutte e tre le cose). Non da ultimo, il caso della ragazza incinta al settimo mese uccisa dal suo compagno, nonché padre del nascituro e già padre di un altro figlio di sei anni avuto da un’altra donna e che, nel mentre di tutto questo, aveva anche intessuto una ulteriore relazione con una terza ragazza, anch’essa rimasta incinta (ma che poi ha abortito). Relazioni, affettività, sessualità.

 

Prendiamo la sessualità, essa ha un significato ultimo (si badi, ultimo) preciso: generare la vita. Questo significato è stato dapprima sminuito a semplice piacere, poi dimenticato grazie alla contraccezione preventiva o successiva, infine negato grazie ai metodi di generazione della vita al di fuori di qualsiasi forma di affettività. Risultato: significato perso quasi del tutto.

 

Tre donne, tre bambini, un uomo. Tutto travolto dalle azioni di quest’ultimo. E subito verrebbe da pensare: quanto male, quanto male insensato, cioè banale. Eppure, prima di questo male, del bene sicuramente c’è stato: tre donne che amavano e in qualche modo forse sono state amate, tre bambini generati (uno nato, uno abortito e uno ucciso) e poi tutto il resto, il bene di tutte le relazioni, familiari e amicali che stavano intorno a queste persone. La presenza di questo bene non è stata colta, il significato di questo bene probabilmente non è stato compreso, è stato dato per scontato, banalizzato. Così, dalla banalità del bene si rende possibile passare alla banalità del male. Si mette in atto un male insensato, inspiegabile, irragionevole e perfino maldestro.

 

Cosa può salvare da tutto questo? Un primo passo è sicuramente chiedersi il significato delle cose, magari con l’aiuto di chi intravediamo possa essere un po’ più avanti di noi in questa comprensione. Soprattutto, poi, il bene e il male non combattono ad armi pari e nemmeno sono due facce della stessa medaglia. Il male per esserci deve essere messo in atto da azioni umane libere (e sbagliate); invece il bene c’è, è immanente, preesistente a tutto (male compreso). Per chi non crede, questa immanenza è la ragione umana, il bene ultimo scolpito nel cuore di ognuno. Per un cristiano è Dio fatto uomo, presente qui ed ora e che opera attraverso lo Spirito. Entrambe le posizioni sono apprezzabili, ma la prima si può solo auspicare che funzioni, la seconda si può – fortunatamente, o meglio, per grazia – seguire.

Hammerhead