“La donna della domenica” di Fruttero e Lucentini

La morte dell’architetto Garrone, subdola figura di faccendiere con pretese di tecnico urbanista e di esperto d’arte, avviene in un prato della periferia torinese, abitualmente frequentato da prostitute nell’esercizio della loro lucrosa attività. Il delitto porta il commissario Santamaria, di origine siciliana, ad indagare tra famiglie della borghesia torinese. Siamo agli inizi degli anni ’70, in una società classista in cui i meridionali, trapiantati a Torino, sono ancora considerati  una sottospecie di uomini. Capostipite del giallo italiano, ironico ed elegante, “il racconto si snoda tra i vizi, l’ipocrisia, le comiche velleità e gli esilaranti chiacchiericci della borghesia piemontese”, da un lato stuzzicata dalle proposte rivoluzionarie del ’68 dall’altro attardata su posizioni culturalmente conservatrici. La vera protagonista, anche se appare solo come sfondo della vicenda, è la città di Torino, ordinata, precisa e noiosa, ma che in realtà mostra una celata vena di follia e di genialità. Il Commissario, da ottima guida turistica, prende il lettore per mano e lo porta a visitare il centro storico con le prevedibili facciate dei monumenti antichi, il lugubre corso Belgio, massimo esponente mondiale del lugubre urbano, fino ad arrivare al ciarpame e all’antiquariato del mercato del Balùn sul lungo Dora. Un romanzo paradossale e raffinato da leggere tutto d’un fiato.

Pesce Palla