La febbre e la ritirata di Russia

No, non quella del sabato sera ma del giovedì mattina.
Per la serie “Tonno affumicato” dopo anni ho preso un bel febbrone.
Però, che condizione strana la malattia.
Una volta di più sono costretto a misurarmi con la duplice realtà di cui sono costituito: il corpo e l’io.
Dal corpo arrivano i segnali dell’imminente aumento di temperatura che serve a preparare il campo di battaglia all’armata costituita dal sistema immunitario contro l’invasore virale.
Tra le altre cose non puoi farci nulla, sì le medicine aiutano ma esiste un punto di incontrollabilità.
Avevo in mente tutt’altro da fare in questi 3 giorni e invece devo stare fermo per favorire la mia armata, cioè in poche parole mi trovo ad essere ospitato in un meccanismo (tra l’altro bellissimo) il cui perfetto funzionamento serve per la piena espressione di me.
“Natura umana, or come se frale in tutto e vile, se polve ed ombra sei, tant’alto senti?” (Leopardi)
Allora, galvanizzato dalla battaglia interna ho preso l’enciclopedia e, sfogliando le pagine riguardanti la seconda guerra mondiale, mi sono imbattuto nella tragica ritirata degli alpini dalla Russia.
Uno dei cronisti è don Carlo Gnocchi che descrive così nel 1943 il suo incontro quotidiano con Cristo:
“Da quel giorno, la memoria esatta dell’irrevocabile incontro mi guidò d’istinto a scoprire i segni caratteristici del Cristo sotto la maschera essenziale di ogni uomo percosso e denudato dal dolore”.
E, in un altro episodio descrive il suo incontro con don Orione, quegli occhi dai quali è stato folgorato da giovane nel 1921:
“Neri, caldi ma fermi e profondi, di una dolcezza viva e fiammeggiante”.
La duplice realtà: “Chi sei tu che colmi il mio cuore della tua assenza?” (Lagerkvist)
Oppure della tua Presenza?
Ora devo andare, TONNO a sudare.

TONNO subito

2 Risposte a “La febbre e la ritirata di Russia”

  1. La condizione della malattia APPARENTEMENTE è di certi momenti, mentre io la sento come la dimensione normale del vivere. Spesso i frammenti di vita si susseguono come senza nesso alcuno l’uno con l’altro; ma più qs. inappropriatezza, oserei dire a tutto, cresce e più il desiderio di compimento della mia natura, invece di ridursi, lievita in me in maniera debordante. Sono come chi cammina nel deserto nella speranza di intravvedere il mare, la vita, la salvezza e ad ogni refolo d’aria cambia direzione incapace come sono di perseguire una strada seppur tracciata, visibile, identificabile. Poi, a volte, una brezza diversa porta l’odore aspro del mare col suo portato che sa di sale e di promessa d’infinito ed il cuore per un pò sembra quietarsi. Un attimo dopo il profumo del mare viene meno e la spasmodica ricerca della via riprende più affannosa di prima, più gravida di speranza, più impaurita da possibili delusioni. Mio Dio fino a quando qs. tormento? Per chi? Perchè?

  2. La malattia di cui parli non è chiaramente fisica, ma degli uomini seri. Anzi quanto più si è seri, tanto più si avverte l’impossibilità di raggiungere la felicità. Come fare? Come dici tu, chi ci toglierà da questo tormento? Bisogna guardare la storia, ti consiglio di guardare le vite dei santi, anche loro erano tormentati dal desiderio di felicità ma non erano nichilisti. Come è possibile far rimanere aperta questa ferita senza cedere alla tentazione della riduzione cinica e nichilista? Bisogna fare un grande incontro, non ci sono alternative. Ti riporto la preghiera del padre di Grandmaison:
    “Santa Maria, Madre di Dio,
    conservami un cuore di fanciullo, puro e limpido come acqua di sorgente.
    Ottienimi un cuore semplice, che non si ripieghi ad assaporare le proprie tristezze;
    un cuore magnanimo nel donarsi, facile alla compassione, un cuore fedele e generoso, che non dimentichi alcun bene e non serbi rancore di alcun male.
    Formami un cuore dolce e umile che ami senza esigere di essere riamato, contento di scomparire in altri cuori, sacrificandosi davanti al Tuo Divin Figlio;
    un cuore grande e indomabile, così che nessuna ingratitudine lo possa chiudere e nessuna indifferenza lo possa stancare:
    un cuore tormentato dalla Gloria di Cristo, ferito dal Suo amore, con una piaga che non si rimargini se non in cielo”.
    Siamo in buona compagnia, no?
    Ti auguro di fare il grande incontro.
    Ciao!

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