Sabato 14 aprile, ore 13.15. Scendo le scale con i ragazzini della mia prima che, parlandosi addosso, mi comunicano tutta la loro aspettativa: ore 15.00, stadio Adriatico, Pescara – Livorno. “Sarà una bella partita, prof!” (Classe I P: 24 ragazzi di cui 19 maschi. 12 giocano in 3 diverse squadre di calcio. 19 hanno l’abbonamento allo stadio. Curva nord).
Martedì 17 aprile, ore 8,15, li rivedo.
Salgono le scale in silenzio (mai accaduto!) faccio l’appello ed è ancora silenzio totale. Le mie due ore, ovvio, sono già programmate, ma non posso essere tanto vile da nascondermi dietro il lavoro previsto! Allora tento: “C’è qualcosa di cui vorreste parlarmi?”. Parte Nicolas: “Prof, sabato eravamo lì, abbiamo visto morire un uomo!”. E tutti gli altri, a seguire, mi raccontano con chi erano, dov’erano e come ci sono stati. E poi la domanda di tutti: “Perché, perché prof?”. Ed è chiaro che chiedono altro, è evidente che non si aspettano i risultati dell’esame autoptico o un giudizio sul ritardo nei soccorsi. E se non sai rispondere, che prof sei?
Markas, lituano, altezza non più di un metro e dieci, aspetto da mafioso russo e passo da lottatore di sumo, sabato era allo stadio come gli altri. Anche lui era fra quelli che mi urlavano la voglia di calcio, qualche ora prima, scendendo le scale. Solo che poi era tornato indietro e, sempre urlando, aveva voluto comunicarmi l’altra attesa del cuore: “Domani, prof, è mia Pasqua!”.
Se Cristo non fosse risorto la nostra fede sarebbe vana. Ma è risorto! Così ci scopriamo a parlare della storia di questo ragazzo che a soli vent’anni ha dovuto assumersi responsabilità più grandi di lui, di quello che con la sua breve vita ci ha comunque insegnato, che vale la pena vivere il tempo che ci viene donato facendo al meglio ciò che al momento ci è chiesto, che vale la pena amare e dare il proprio tempo – cioè la vita – per gli altri (una sorella disabile o un compagno di classe in fondo è lo stesso).
Poi la lezione continua come previsto (da me!), solo il silenzio che regna è imprevisto. O forse no, perché di fronte al Mistero che accade non ci sono parole da aggiungere, si può solo stare. I miei ragazzini l’hanno capito e – con l’aiuto di Piermario – me l’hanno insegnato.
Grazie di nuovo, ragazzi!
Alice