La moralità di Manzoni

I due aspetti che balzano agli occhi nel rileggere dopo un po’ di anni I Promessi sposi sono la grande ironia di Manzoni nel raccontare avvenimenti e personaggi del romanzo e la profondità di giudizi con cui affronta le situazioni più intricate. Di fronte al profluvio di giustificazioni che don Abbondio accampa per spiegare il suo rifiuto di maritare Renzo e Lucia, quando il parroco sembra averla vinta, obiettando che era stato lui a dover subire le minacce dei due bravi e che “bisognerebbe essere nei panni di un povero prete, e essersi trovato al punto”, ecco in che modo il cardinale Federico Borromeo smonta l’ultima resistenza del parroco ad ammettere le proprie responsabilità: “Pur troppo! Tale è la misera e terribile nostra condizione. Dobbiamo esigere rigorosamente dagli altri quel che Dio sa se noi saremmo pronti a dare: dobbiamo giudicare, correggere, riprendere; e Dio sa quel che faremmo noi nel caso stesso; quel che abbiamo fatto nei casi somiglianti! Ma guai se io dovessi rendere la mia debolezza per misura del dovere altrui, per norma del mio insegnamento!…”.

E’ ben raro incontrare una tale concezione di moralità e di amicizia, che non è ricattata dalle proprie reali o presunte incoerenze, ma riafferma ciò che è vero e giusto, costi quel che costi.

Rombo