LA NUVOLA DEL CORONAVIRUS

L’avvento del contagio, le cui cause non sono state ancora chiarite, e la crisi che ne sta nascendo è gravida di conseguenze che nessuno può ancora immaginare nei suoi dettagli.
Da qualche tempo è di moda rappresentare visivamente le parole-chiave più utilizzate in televisione, alla radio, sui siti web, sui social media, etc., utilizzando le “nuvole di parole”. Qui di seguito qualche esempio di quelle apparse nel contesto che stiamo vivendo in questo periodo.

(Fonte: https://www.key4biz.it/)

Non voglio fare un’analisi di queste “word cloud”, ognuno di voi può leggerle e verificare come, passando il tempo, i contenuti sono mutati.
Probabilmente oggi ce ne saranno altre e al loro interno appariranno parole che in questi giorni stiamo sentendo fino alla nausea; mascherine, Merkel, bombole di ossigeno, coronabond, reddito di emergenza, Von der Layen, sussidio, Governo centrale, Lagarde, sistema sanitario pubblico, De Luca, etc..
Dentro tutto questo bailamme, qual è la domanda che come cristiani dobbiamo porci? È troppo presto, infatti, per “ri-dirci” e “ri-darci” un compito a livello civile, sociale e pubblico, viste le distanze siderali che su tanti (troppi) temi ancora sussistono tra quanti dicendosi cristiani operano a livello amministrativo e politico.
Fermiamoci, per adesso, sulla domanda: “Come possiamo percorrere il tunnel e vedere finalmente la luce?”. “Qual è la condizione perché il fuoco arda ancora sotto la cenere?”.
Forse è ora di smetterla con le lotte su chi ha un’analisi più completa della situazione ed una teoria più giusta su come andava affrontato il contagio e su come va gestita la crisi. Dagli scambi sulle chat, ai dibattiti in tivvù, alle prese di posizione ufficiali i cristiani dicono tutto ed il contrario di tutto.
Allora, alcune parole che ci ricorda Papa Francesco – che, sicuramente, non entreranno nelle cloud words, – potrebbero indicare una strada da seguire e potrebbero darci qualche inizio di risposta: accoglienza, fraternità, costruzione, umiltà, conforto, edificazione, memoria, servizio, …, conversione, preghiera.
Il noto filosofo scozzese, Alasdair MacIntyre, nel libro “Dopo la virtù” (Armando Editore, 2007) ebbe a scrivere un pensiero che è un giudizio anche per la situazione attuale: «Un punto di svolta decisivo in quella storia più antica si ebbe quando uomini e donne di buona volontà si distolsero dal compito di puntellare l’imperium romano e smisero di identificare la continuazione della civiltà e della comunità morale con la conservazione di tale imperium (imperium che oggi si identifica sia con l’Unione Europea che con i suoi detrattori, sia dai finanzieri massoni che dai sovranisti/nazionalisti, etc.). Il compito che invece si prefissero (spesso senza rendersi conto pienamente di ciò che stavano facendo) fu la costruzione di nuove forme di comunità entro cui la vita morale potesse essere sostenuta, in modo che sia la civiltà sia la morale avessero la possibilità di sopravvivere all’epoca incipiente di barbarie e di oscurità (non voglio essere pessimista, ma penso che ci aspettano anni molto duri, che neanche le politiche monetarie più espansioniste possono evitare e che i “falchi” dell’Unione Europea non renderanno più vivibili). Ciò che conta, in questa fase, è la costruzione di forme locali di comunità al cui interno la civiltà e la vita morale e intellettuale possano essere conservate attraverso i nuovi secoli oscuri che già incombono su di noi. E se la tradizione delle virtù è stata in grado di sopravvivere agli orrori dell’ultima età oscura, non siamo del tutto privi di fondamenti per la speranza. Questa volta però i barbari non aspettano al di là delle frontiere: ci hanno già governato per parecchio tempo. Ed è la nostra inconsapevolezza di questo fatto a costituire parte delle nostre difficoltà. Stiamo aspettando: non Godot, ma un altro San Benedetto, senza dubbio molto diverso».
San Benedetto, una civiltà diversa l’ha costruita, senza programmarla e… non ha neanche avuto un pesce che gli suggerisse cosa fare.

Pesce (ner)Azzurro