Spes, ultima dea, quinta indagine, scritta dalla bolognese Comastri Montanari sulle investigazioni del senatore Publio Aurelio Stazio, ci riporta al 799 dalla fondazione di Roma. E’ un avvincente giallo storico, ambientato nella Capitale del mondo che, in modo quasi noncurante, parla della corruzione, del malaffare, degli eroismi e delle vigliaccherie dei romani, mostrando una società in cui non è ancora penetrata la novità cristiana. In questa umanità costituita da nobili in decadenza, liberti rampanti, schiavi sfruttati e intraprendenti, popolani alla ricerca del pane quotidiano si muove il nostro investigatore, agnostico, tollerante, libertino, aperto ai problemi sociali, un “moderno” personaggio politicamente corretto, che concentra in sé tutti i “valori” laico-illuministi.
Facile il confronto con la società di oggi, con cui nella sostanza sembra avere più di una analogia. I culti sono svariati, ma la fede è solo un punto di vista, a cui si ricorre per disperazione, convenienza, tradizioni familiari, legami razziali; il concetto di conversione è sconosciuto e la vita è da tutt’altra parte rispetto alla religione: “Dio, se c’è non c’entra”! si potrebbe concludere. E’ un mondo in cui il valore della persona non è minimamente contemplato, ma viene considerato solo chi può vantare titoli di censo, di appartenenza ad antiche gens, o è capace di compiere gesta eroiche. Per dare un’immagine illuminante di questa società basta ricordare come ogni nuovo nato per avere diritto alla vita, doveva essere accettato pubblicamente dal pater familias. Se questo non avveniva era soppresso.
Pesce Palla