Laico Natale a tutti

Ci risiamo: si avvicinano le festività natalizie e tornano le discussioni in merito alla laicità della scuola italiana, che in questo periodo natalizio vedono come “casus belli” presepi, recital di Natale e quant’altro possa richiamare in modo più o meno esplicito il significato ed il valore del Natale. Il problema, evidentemente, sta nel modo di intendere il concetto di laicità. Per laicità possiamo intendere che lo Stato – e quindi la scuola statale – non hanno alla propria base alcun ideale di natura religiosa, essendo organismi di natura squisitamente civile, e su questo primo significato non mi pare si possa fare alcuna obiezione. Oppure si può intendere che lo Stato – e quindi la scuola statale – debbano essere equidistanti rispetto alle diverse confessioni religiose presenti all’interno dello stato stesso, cioè non debbano per principio preferirne nessuna rispetto alle altre, così da configurare “cittadini di serie A” e “cittadini di serie B” per effetto della confessione religiosa praticata o non praticata; anche questa concezione di laicità sembra in linea di principio condivisibile, fatto salvo comunque l’altro principio di rispetto della democrazia e di buon senso per cui – per fare un solo esempio, ma ce ne sono tanti altri simili – è in ogni caso giusto e plausibile che nella scuola statale italiana si insegni solo la confessione religiosa in cui si riconosce la stragrande maggioranza degli italiani, e non tutte le confessioni religiose presenti nel paese.
C’è poi un terzo, malinteso, significato del termine laicità, in base al quale si sente a volte dire che lo Stato, in quanto laico, dovrebbe vietare al suo interno – e quindi anche all’interno della scuola statale – ogni espressione di tipo religioso.
Ora, uno stato che ritiene legittimo vietare ai propri cittadini l’espressione di una propria dimensione personale è molto più vicino a uno stato “totalitario” che a uno stato “laico”; ma soprattutto non si capisce perché per essere “equidistante” da tutte le confessioni religiose presenti al suo interno uno stato debba vietare tutte le manifestazioni religiose, quando può ottenere lo stesso risultato in modo più semplice, intelligente e di buon senso andando in direzione opposta, e cioè permettendo l’espressione di tutte le confessioni religiose che lo richiedano, a condizione, naturalmente, che esse siano portatrici di un messaggio pacifico e non violento, e che rispettino i basilari requisiti di accettazione delle regole della convivenza civile.
Se lo Stato segue la via del divieto, avremo una società uniforme, grigia, in cui chiunque abbia il “colore” di un’identità da mostrare non avrà lo spazio e la possibilità di esprimersi; se invece viene tutelata (nei termini sopra chiariti) la libertà di espressione di tutti, avremo una società autenticamente pluralista e proprio per questo molto più difficilmente omologata, ricca di identità e posizioni diverse, tra le quali ciascuno potrà scegliere quella che gli appare più ragionevole e consona al proprio modo di giudicare le cose.
Con l’auspicio che ogni Stato diventi sempre più laico in quest’ultimo senso, laico Natale a tutti!

Pescespada