L’AMBIENTE E IL NATALE

  1. Aumento delle superfici coltivate (con conseguente disboscamento)
  2. Crescita demografica irrefrenabile
  3. Idolatria per la scienza e per la tecnica come mezzi per il raggiungimento del benessere, sicura felicità dell’umanità
  4. Progresso come processo ineluttabile verso un “bene”
  5. Intellettuali/filosofi depositari della conoscenza e unici utilizzatori della ragione che, quindi, si prodigano per far uscire l’umanità da uno stato di ignoranza attraverso la divulgazione di idee per la formazione di un’opinione pubblica
  6. Individualismo

Non stiamo parlando del Ventunesimo secolo ma del 1700. Questi sono i caratteri generali del periodo dell’Illuminismo che, insieme ai miei allievi, abbiamo individuato, studiando e leggendo gli autori del tempo.

Eppure sembra di parlare dei nostri giorni. Soprattutto sembra che i problemi del nostro mondo “sovraffollato”, privo di alberi, ciecamente affidato ai progressi della tecnica e in balia del mainstream dei giornali e degli pseudo-intellettuali nasca proprio dal periodo storico che viene solitamente ritenuto come il cambiamento d’epoca verso la modernità e l’uscita dell’uomo dal suo stato di minorità.

È proprio nel Settecento che iniziano a verificarsi quelle condizioni economico-sociali per cui la popolazione mondiale inizia a aumentare sensibilmente e si gettano le basi per le future Rivoluzioni Industriali.

Forse si stava meglio quando si ubbidiva lietamente a Dio? Nell’oscuro Medioevo o nel doloroso Seicento, secolo di guerre di religione?

Io credo di no. Per quanto riguarda le condizioni di vita (considerando in particolare l’Occidente), cioè le condizioni di salute, igiene, alimentazione, alfabetizzazione. Certamente, tuttavia, bisogna ammettere che una certa presunzione dell’essere umano, di cui tanti oggi accusano la Chiesa o le frange più conservatrici della politica mondiale, nasce, in realtà, dal progressivo ma inesorabile allontanamento dell’uomo dal suo riconoscersi “creatura”, cioè dipendente. Un processo che, a partire dal Rinascimento, ha nell’Illuminismo il suo apice più evidente. La cesura tra fisica e metafisica, in particolare, ha generato una confusione conoscitiva per cui l’essere umano, non sapendo più a chi rispondere nelle proprie azioni, si è costruito un codice etico rigorosissimo, dal modo di governare a quello, oggi sempre più attuale, di rapportarsi con la Natura. E così, l’io umano, invece di concentrare le energie per imparare ad adattarsi nel nuovo ambiente in cui si trova, come ha spesso fatto da quando esiste sulla Terra, vuole imporre una visione etica delle cose, ancora una volta tramite la voce di chi dice di saperne di più, di usare meglio la ragione rispetto alla massa informe, i philosophes di oggi, scienziati, economisti, giornalisti. Dopo aver eliminato la metafisica, si sono accorti che senza un significato, ora ridotto brutalmente ad etica, non si smuovono le masse.

Si impara di più dalla tradizione ebraico-cristiana, che ci fa dire: “Cos’è l’uomo perché te ne ricordi? Il figlio dell’uomo perché te ne curi? Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato” (Salmo 8). Il Natale in fondo è questo paradosso in cui gli estremi, uomo e Dio, si toccano e si fondono. In cui gli ossimori non sono eliminati ma abbracciati. Solo così non si elimina nulla ma si esalta tutto.

Anche per le questioni ambientali dovremmo cercare di trovare una soluzione che sia comprensiva e inclusiva. Difficile perché mette in crisi non tanto la nostra abitudine di usare la plastica, quanto la concezione della nostra presunta autonomia.

Stella Marina