L’autocorrezione

Quando arrivi al limite scegli se lasciarti andare o se tornare indietro. La politica italiana ha scelto di lasciarsi andare. Quando, pur scevro da ogni moralismo, assisti ad un così frequente sperpero di denaro pubblico, ti chiedi se mai ci possa essere un limite alla decenza.
Allora rifletti e ti inerpichi in un ragionamento che possa avere un senso, e solo allora comprendi che l’esperienza del Belgio che, senza un governo, vede aumentare il suo Pil è una provocazione, ma che forse il tema dell’autocorrezione del popolo non è da scartare.
Ciò di cui vorrei trattare in questa breve nota è il tema della pianificazione-programmazione politica ed i suoi riflessi pratici per il bene comune. Abbiamo avuto perfino un Ministero per l’attuazione del Programma Istituzionale e chissà come avrà lavorato per attuarlo. Eppure provate a pensare a quanti programmi amministrativi, nazionali, regionali e locali non hanno trovato attuazione.
Io ho provato a fare un esperimento. Ho conservato gli ultimi 2 programmi del mio paese natale ed ho appuntato le cose realizzate e non realizzate nel corso degli ultimi 10 anni. In percentuale siamo circa al 20 percento. Ciò significa che uno su cinque ce la fa…
Di solito queste sono cose per tecnici, ma provate a seguire questo semplice ragionamento. Cosa fareste se foste voi i futuri candidati sindaci, presidenti di provincia o regione, o della coalizione che lo accompagna?
Non ho fatto scuola di politica ma di certo sarebbe logico e razionale scrivere un brogliaccio di idee, senza il ricatto di scrivere per forza il contrario di quello che ha fatto la maggioranza che vi ha preceduto. Da questo brogliaccio tirate giù un programma e delle linee di azione “realizzabili”. Se uno ha chiara la meta, il cammino diventa possibile.
La maggior parte delle coalizioni invece si ferma al programma – il più possibile lontano da quello della coalizione precedente – forse butta giù delle linee di azione, ma spesso non ha la minima conoscenza delle risorse economiche da destinarvi e tanto meno se esse siano sufficienti per ciò che si vuole realizzare.
E allora che fare? Occorre essere pragmatici e lavorare per piccoli passi.
Non si vuole per forza ambire a modelli come quello di Barcellona, che è diventata quella che oggi tutti conosciamo partendo con la sua prima pianificazione nel 1987, o più vicini, come Trento, che è partita nel 2000. Ma qualcosa si può fare e la decisione è se si vuole seguire o meno l’esempio.
Qui non c’entra nemmeno del tutto il principio dell’autocorrezione, ma solo una strategia improntata a tale principio, che è un passo possibile e realizzabile. Se solo si percepisse la strategicità di tale approccio!
Si tratta, quindi, di comprendere che le ragioni del bene comune passano attraverso questa scelta di fondo: navigo a vista o cerco una meta da raggiungere, certa e raggiungibile?
Voi cosa fareste?
Nel prossimo articolo alcuni semplici esempi ci aiuteranno a capire meglio cosa si può fare per rendere questo ragionamento concreto.

Nasello