Le giornate ai tempi del Coronavirus: un deserto con un orizzonte grande (da conquistare)

Le pagine dell’agenda diventano sempre più bianche. Su matrimoni e battesimi occorre tirare una riga, saranno in forma privata. C’è un gorgo che risucchia man mano cene, feste, concerti, riunioni, messe, conferenze, aperitivi. Rimane, per ora, qualche passeggiata all’aperto nelle ore più calde. Ci sarebbero i libri e i film, ma i bambini sono a casa sempre. I giorni passano e dopo aver inventato balletti, piantato semini, colorato con le tempere, con i pennarelli, con gli acquerelli, letto storie, costruito teatrini, allestito negozi finti, le idee sono agli sgoccioli e soprattutto la casa è perennemente un caos. Siamo sempre più spesso a casa, insieme. Avrò sentito decine di testimonianze e interventi di coniugi costretti a stare lontano per circostanze inevitabili, scoprire o riscoprire la vera natura del loro stare insieme, Chi li mette insieme. Ma se per circostanze inevitabili bisogna stare tantissimo insieme? Tantissimo insieme da soli? Se si passa il tempo a inciampare l’una sull’altro, incastrati nei particolari della convivenza?

Il fare convulso o ripetitivo, stanco o allegro adesso chiede un essere. Il quotidiano si desertifica, lo sguardo non ha più i soliti riferimenti dove posarsi. C’è un io che non si declina più nel lavoro, negli appuntamenti, nella girandola delle giornate. C’è un io nel deserto di giornate asciugate in tutto, tranne che nella vita stessa che pulsa a più non posso ed è assetata di significato. “E poi si resta soli, quando tutti sono andati via e gli unici rumori sono ingranaggi della nostalgia” canta Jovanotti alla Luna piena. Ho la tentazione di cantarlo anche io questo ritornello triste, mentre fumo l’ultima sigaretta della giornata e guardo la Luna dal balcone. Per grazia, educazione e preferenza ho in testa anche i versi di Leopardi che alla Luna chiede “Ed io che sono?”. Cosa sono io, polvere impastata da Dio, fragile, in balia di un virus impazzito, sospesa in un tempo senza lavoro, senza convivialità, un io che continua imperterrito a desiderare tutto? C’è un punto, dove il deserto tocca il cielo, che è lì, per tutti, inesorabile, immenso. E’ la certezza che tutto è già stato salvato. Alla fine di questa faticosa traversata la nostra certezza avrà addosso più esempi, più esperienze, più vita e sarà stupendo raccontarselo, seduti vicinissimi!

Medusa