Lettera a Renzi

Da cattolica a cattolico: tra appartenenza e politica

Caro Matteo Renzi,
dopo aver letto la sua lettera a Repubblica contro la candidatura di Marini a capo dello Stato, perché ispirato ad un’appartenenza religiosa (esattamente al cattolicesimo), ho avuto subito un sussulto e non ho potuto fare a meno di metter giù le mie considerazioni al riguardo.
Alcune cose che ha scritto sono veramente bellissime e toccano le corde più profonde di ogni uomo, poiché sono vere e desiderabili, in particolare la parte finale dell’articolo:
“Tanti, forse troppi anni di vita nei palazzi, non hanno cancellato una piccola verità: non si è cattolici perché si vuole essere eletti, ma perché si vuole essere felici. C’è di mezzo la vita, che vale più della politica. E il Quirinale non potrà mai essere la casa di una parte, ma di tutti gli italiani.”.
Tanto alcune sue affermazioni sono commoventi, tanto in alcuni tratti contraddittorie e dissonanti. Lei cita il Papa come esempio di uomo che vive la fede e incarna comunque “una guida profondamente innovativa”! Su una cosa siamo d’accordo! Ci piace molto questo Papa! Ma il Papa Francesco, come lei stesso afferma, “parla anche alle altre confessioni, ai non credenti, agli agnostici: si pone come portatore di entusiasmo e di gioia di vita”. Mi scusi Renzi: per quale motivo, nello stesso modo, un uomo, un politico, non può affermare di essere cattolico, e agire lo stesso nell’interesse comune, tener conto di ogni confessione, creare bene per tutti?
Lei lo svela nel continuo della sua lettera: tutti i politici cattolici di oggi non operano per il bene comune. Immagino che lei, invece, sia l’unico cattolico che lo è in modo “giusto”, con tanta ammirazione per l’ispirazione religiosa, ma anche con la preoccupazione di dover tacere la propria appartenenza, fino a questo “outing obbligato”! Lei è un cattolico vero perché segue, a differenza degli altri, una morale. Mi scusi, ma da quando possiamo andare a sindacare i peccati altrui? Sindachiamo l’operato politico! Questo si, ma non altro.
Io credo che l’integrità morale di una persona non possa mai consistere nel rifiutare la propria appartenenza. Sono fermamente convinta che la statura di un uomo che fa il suo lavoro, debba essere giudicata soprattutto dalla tensione ideale (tensione ispirata dai propri valori), dalla propria educazione e, perché no, anche dal proprio credo.
Ma tornando al discorso sulla propria identità, mi viene da farle un semplice esempio: se lei è figlio di Giovanni, non può nascondere di essere figlio di Giovanni, o per lo meno, può farlo benissimo! Ma resta scritto nel DNA di ogni sua cellula, e quel DNA, ovviamente, sarà determinante ogni istante della sua vita!
Nell’articolo lei disprezza, giustamente, coloro che riducono, invece, la propria appartenenza religiosa ad una serie di regole da seguire, ma a me sembra proprio che sia lei a ridurre il suo credo ad una serie di precetti e leggi da rispettare, se deve sforzarsi di lasciare fuori il Renzi cattolico dalle sue azioni sociali! Il fine della sua fede non è la felicità? Quindi quale sarebbe il problema se lei, oltre ad essere tutte quelle cose che già sappiamo, da oggi in poi sia anche chiamato cattolico?
Come questo può influire negativamente sul suo operato?
Può influire negativamente se la propria fede diventa un’ideologia, e se perde l’essenza che lei stesso descrive. Ma l’uomo può essere ideologico in tutto. Sarà quell’atteggiamento lì che dovrà essere combattuto, negli altri e in sé stessi, non certo la propria identità!
Sono fermamente convinta che l’identità religiosa di ogni persona non debba essere necessariamente sbandierata con comportamenti eccentrici ed esagerati, ma d’altra parte non capisco neanche perché debba essere mantenuta da parte, e perché sia così deplorevole dire: quello lì è un politico ed è cattolico. Ogni uomo deve essere orgoglioso del suo DNA, ogni uomo agirà anche secondo il suo DNA: è nella natura delle cose che sia così e non può essere questo, a priori, a determinare la cattiveria delle proprie azioni, bensì quell’atteggiamento di cui parlavo prima, che, peraltro, non si combatte tagliando via un pezzo di sé.
Inoltre lei afferma: “Nell’esperienza da Sindaco, naturalmente, agisco laicamente: ho giurato sulla Costituzione, non sul Vangelo.” E questo è assolutamente vero. Nessun politico cattolico, neanche tra quelli che lei disprezza tanto, oggi, dice il contrario. Le vorrei però ricordare l’origine del testo su cui lei stesso ha giurato.
Le vorrei ricordare che lei ha giurato su una Costituzione creata dalla collaborazione di forze eterogenee nella loro identità e provenienza, che non si vergognavano di affermare con decisione la propria appartenenza davanti a tutti, creata da forze di sinistra e forze cattoliche, in un tempo in cui, appunto, affermare la propria identità religiosa e politica non era assolutamente un problema! Una costituzione tesa al bene di tutti, che si propone di difendere ogni fede, ogni credo politico e religioso, eppure creata da uomini apertamente schierati che non dovevano celare il fatto di avere un credo, credo non abbia influito negativamente sulla stesura del documento “per tutti”, appartenenti o no a quelle categorie! Anzi, quella stessa appartenenza, è stata una forza per l’affermazione del bene dei più.
Sono certa che tra di loro questi uomini si dicessero: “Vado a scrivere la costituzione con quel comunista e quel socialista di…” e il comunista: “Vado a scrivere la costituzione con quel cattolico di…”; ha forse questo impedito la creazione di un testo democratico che avesse come fine veramente il bene di tutti? Il proprio credo non è stato un ostacolo alla costruzione di una società che doveva essere ricostituita dopo anni di dittatura, bensì l’identità personale, di ogni parte, era messa al servizio del lavoro della ricostruzione della libertà di tutti. Perché oggi questo non può più valere?
Se da oggi in poi si dicesse: “ecco Renzi, l’uomo moderato e rinnovatore, che si prodiga per il bene non solo di una classe sociale, ma di tutte, che è anche cattolico”, quale sarebbe il problema? Può il riconoscimento della paternità di una persona (riconoscere cioè che uno è figlio di Giovanni) essere d’intralcio alla costruzione della giustizia, al perseguimento del vero, all’operato quotidiano?
Non riduca il suo credo ad una serie di regole. In fondo l’ha detto anche lei che è cattolico per essere felice, ed il suo essere felice non può compiersi senza il bene di tutti.

Barracudina