Lettura psicanalitica della Bibbia: un libro di Massimo Recalcati (Parte 1)

Lettura psicanalitica della bibbia: un libro di Massimo Recalcati
Libro from Pixabay

M. RECALCATI,  La legge della parola. Radici bibliche della psicanalisi, Einaudi, Torino 2022

Recalcati rilegge alcuni episodi dell’Antico Testamento in chiave psicanalitica; si tratta di un incontro tra linguaggi diversi, che tali restano, reso possibile da un presupposto comune: esiste una legge non al servizio della morte, della colpa e del castigo, ma destinata a generare nuova vita: è la legge della parola che chiede all’uomo di non volersi fare Dio, di ammettere la propria finitezza, di riconoscere la tensione che attraversa la sua esperienza, umanizzandola, la stessa tensione freudiana tra pulsione di vita e pulsione di morte e di Lacan tra desiderio e godimento. La rinuncia al godimento assoluto, che non è nelle nostre possibilità, apre la porta al desiderio. Solo l’esperienza di un abbandono, di un lutto, può rendere di nuovo generativa la vita umana.

 

La Bibbia, come poi anche la psicanalisi, “pone all’origine dell’essere umano non l’amore, ma l’odio”. Caino non è la figura dell’inumano, della bestialità, bensì è “il luogo dell’umano”. All’inizio “la fratellanza non è il luogo di una relazione amorosa e solidale, ma di una contesa, che implica che il fratello sia innanzitutto un intruso”. Il fratricidio di Caino apre la storia dell’uomo nel segno della violenza assoluta. Egli uccide il fratello per essere solo, per essere tutto. Caino è l’altro nome di Narciso. Riconosce in Abele la propria immagine irraggiungibile e la distrugge. Dio lo condanna, per poi salvarlo, spezzando la catena della violenza reciproca. La violenza divina non è mai cieca. 

Il diluvio che scatena sul mondo corrotto consente a Noè di rigenerarlo. Così come il crollo della torre di Babele e del suo sogno di monolinguismo ripristina la molteplicità delle lingue. Perfino nell’episodio, in prima istanza incomprensibile, del sacrificio di Isacco, la mano di Dio si arresta, si ritira, sostituendo un montone al figlio prediletto di Abramo. Dio rinuncia al dominio, interrompendo la spirale del sacrificio.

 

La lotta di Giacobbe rappresenta il “punto ombelicale” della sua storia, una storia che ci mostra un accesso tormentato e faticoso a una dimensione feconda, costruttiva della fratellanza, oltrepassando in questo modo la figura di Caino, che rappresenta la fratellanza come luogo dell’odio, del trauma e della violenza”. Quando il combattimento termina, Giacobbe resta ferito all’anca. Quella ferita alla propria identità lo muta profondamente, dandogli un nuovo nome, Israele. Reciso un legame troppo vincolante con se stesso, egli adesso è pronto a incontrare l’Altro, ad aprirsi alla relazione.

 

Moscardino