Libertà e riforma del Senato

Va bene, il bicameralismo perfetto era un lusso che non ci si poteva tenere. Forse. Il percorso delle leggi era troppo lungo e i governi potevano governare poco. Del resto era stato fatto apposta per impedire un altro fascismo. Anche Berlusconi aveva cercato di dare più potere all’esecutivo.
Tutto vero. Però il combinato disposto della riforma del Senato, che di fatto ne abolisce la funzione legislativa, e della nuova legge elettorale, per la quale ci dovrà essere necessariamente un partito (e non una coalizione) che arriva al 55%, consegna il Paese a una dittatura della maggioranza che, com’è noto dai tempi di Giolitti, avrà ogni mezzo per perpetuare se stessa all’infinito.
Il problema è che si potevano almeno salvare le funzioni del Senato su temi eticamente sensibili e sui casi di guerra. Un doppio esame non guasta, quando c’è di mezzo la vita di tutti. Invece no, come mi ha detto uno dei notabili di questo Paese, peccato per le minoranze che non saranno rappresentate! L’importante è avere una legislazione efficiente per recepire i veloci cambiamenti del mercato. Il resto, secondo questa visione, non conta.
Il cattolicesimo è da sempre barriera agli arbitri di Stato e difensore della libertà della società. Per quanto sia utile la velocizzazione, non si può essere d’accordo. Se ci sarà il referendum confermativo si potrà ancora battersi per la libertà che i partiti – anche quelli che si dichiarano cattolici – non amano più.

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