L’INDOLE FRATRICIDA, IL BUON SAMARITANO E FUENTE OVEJUNA

I dati dell’INPS relativi alla Regione Molise, aggiornati ad oggi, sul numero di prestazioni che vanno sotto il nome di “ammortizzatori sociali” è, a dir poco, allarmante: 12.389 (dodicimilatrecentottantanove percettori di indennità di disoccupazione, mobilità, cassa integrazione, AspI e mini AspI, etc.).
Un esercito di lavoratori espulsi dal mercato del lavoro che rappresentano un’emergenza straordinaria per una regione piccola come il Molise, a cui vanno aggiunti i disoccupati che non hanno mai lavorato, soprattutto giovani che non percepiscono alcuna indennità.
C’è una soluzione a questo problema? C’è un’alternativa al rischio paventato dal Vicepresidente della Giunta regionale molisana, Michele Petraroia, che le «urla scomposte coprano l’agonia di una terra calpestata dall’indole fratricida dei suoi abitanti»?
L’accostamento potrà sembrare sconveniente, ma le parole di Papa Francesco, in visita a Lampedusa la scorsa estate in un contesto completamente diverso, possono essere utilizzate anche per giudicare la situazione tragicamente emergenziale del lavoro in Molise: «Nella letteratura spagnola c’è una commedia di Lope de Vega che narra come gli abitanti della città di Fuente Ovejuna uccidono il Governatore perché è un tiranno, e lo fanno in modo che non si sappia chi ha compiuto l’esecuzione. E quando il giudice del re chiede: “Chi ha ucciso il Governatore?”, tutti rispondono: “Fuente Ovejuna, Signore”. Tutti e nessuno! Anche oggi questa domanda emerge con forza: Chi è il responsabile del sangue di questi fratelli e sorelle? Nessuno! (Come dire, chi è il responsabile di questi 12.389 percettori di indennità e degli altrettanti disoccupati? Nessuno!). Tutti noi rispondiamo così: non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io … Oggi nessuno nel mondo si sente responsabile di questo; abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna … La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza. In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!».
Non credo che l’indole dei molisani sia più fratricida di quella dei veneti o dei sardi, ma sta di fatto che l’appello del già citato assessore regionale affinché tutte le “energie del Molise vengano orientate e concentrate in maniera unitaria verso il governo nazionale per chiedere risposte straordinarie e misure eccezionali” non può cadere nel vuoto.
Certamente non basta solo dare voce, in maniera unitaria, alle rivendicazioni verso il governo nazionale; occorre che il mondo delle imprese, i sindacati, la politica, la società civile, la scuola e l’università si assumano la responsabilità di dare risposte adeguate.
Il punto di partenza qual è? Tutti devono scrollarsi di dosso, come diceva ancora Papa Francesco a Lampedusa «l’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell’altare, di cui parlava Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada, forse pensiamo “poverino”, e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con questo ci tranquillizziamo, ci sentiamo a posto».

Pesce (ner)Azzurro