Me me me

Sembra che il 2013 ci abbia lasciato in eredità una parola nuova: “selfie”, l’autoscatto postato su un social per condividere umori, situazioni, aspettative, decisioni – in un colpo solo – con tutti coloro che si (social) frequentano.
D’altro canto sempre più aziende incrementano il narcisismo dei consumatori – e il fatturato – offrendo prodotti (bevande, creme alla nocciola, valigie, smalti per unghie e persino automobili) personalizzabili con il nome dell’acquirente.
Il Time, a sottolineare l’incidenza del fenomeno, chiama già questa generazione – egoriferita e narcisista – “me me me generation”.
Nella mia giovinezza ho avuto un’amica decisamente autocentrica che, quando superava la misura, eravamo soliti riposizionare chiamandola (appellativo lungo ma efficace) “Io, solo io, meglio io, io di più”. Più tardi è stata la realtà, con un marito, tre figli, n alunni per n anni di scuola, a renderla una donna affettivamente centrata, ma questa è una storia di grazia, ricevuta e accettata. Di grazia e di amicizia perché in questi giorni ho scoperto anche che Basilio e Gregorio di Nazianzo, dottori della Chiesa la cui memoria si celebra il 2 gennaio, sono diventati santi (forse) proprio perché amici. Scrive Gregorio:
Quando ci manifestammo vicendevolmente le nostre intenzioni e capimmo che l’amore della sapienza era ciò che ambedue cercavamo, allora diventammo tutti e due l’uno per l’altro: compagni, commensali, fratelli. Aspiravamo a un medesimo bene e coltivavamo ogni giorno più fervidamente e intimamente il nostro comune ideale.
Ci guidava la stessa ansia di sapere, cosa fra tutte eccitatrice d’invidia; eppure fra noi nessuna invidia, si apprezzava invece l’emulazione. Questa era la nostra gara: non chi fosse il primo, ma chi permettesse all’altro di esserlo.
L’occupazione e la brama unica per ambedue era la virtù, e vivere tesi alle future speranze e comportarci come se fossimo esuli da questo mondo, prima ancora d’essere usciti dalla presente vita. Tale era il nostro sogno. Ecco perché indirizzavamo la nostra vita e la nostra condotta sulla via dei comandamenti divini e ci animavamo a vicenda all’amore della virtù. E non ci si addebiti a presunzione se dico che eravamo l’uno all’altro norma e regola per distinguere il bene dal male. E mentre altri ricevono i loro titoli dai genitori, o se li procurano essi stessi dalle attività e imprese della loro vita, per noi invece era grande realtà e grande onore essere e chiamarci cristiani.”
Che abisso tra un autoscatto mostrato a (quasi) chiunque e lo straordinario rapporto tra due uomini tesi – insieme – al Destino! Ma dev’essere proprio questa la vera statura dell’uomo se Papa Francesco, in barba a tutti i selfie del 2013, ha deciso di iniziare il nuovo anno richiamandoci alla “fraternità… dimensione essenziale dell’uomo, il quale è un essere relazionale”.
Allora il mio augurio per il 2014 e per tutti gli anni a venire è che ognuno possa avere (almeno) un amico. Uno che lo guardi negli occhi e nel cuore per ricordargli – ogni tanto – chi è.

Alice