Gli americani hanno queste elezioni a metà del mandato che servono per fare un controllo, ed eventualmente per riequilibrare le politiche della presidenza eletta due anni prima. Esse sono dunque tradizionalmente difficili per la presidenza perché, come sempre, è più facile deludere che convincere quando si ha il potere. Detto questo, come sono andate queste elezioni?
Per Trump si è trattato di un pareggio fuori casa. Gli americani hanno dato la maggioranza ai democratici alla Camera, cosa che non avveniva da 8 anni, e hanno incrementato la maggioranza repubblicana al Senato. Trump ne esce un po’ indebolito perché per fare le leggi avrà bisogno di qualche compromesso con i democratici, e non sarà facile, ma mantiene il potere maggiore, quello sul sistema giudiziario, che spetta, oltre che alla figura del Presidente, al controllo del Senato. Non c’è stata la “blue wave”, l’onda democratica che molti media auspicavano prima dell’estate e, d’altro canto, Trump non è riuscito nel colpaccio – insolito – di mantenere sotto controllo repubblicano l’intero Parlamento.
Per quanto riguarda i cattolici americani è un ottimo risultato: un po’ più di controllo sulle intemperanze, soprattutto verbali, del Presidente non è un male, specie in campo socio-razziale, e d’altro canto, si conferma la possibilità di Trump di proseguire sulla via di un chiaro impegno per lavoro, aumento dei salari, libertà religiosa. Al proposito, infatti, la maggioranza alla Corte Suprema, che è ora conservatrice, potrebbe ancora incrementarsi nei prossimi anni, visto che le scelte del Presidente devono essere ratificate dal Senato e non dalla Camera.
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