Mistero eterno dell’esser nostro

In questi giorni ho letto molti articoli sulla tragedia dell’aereo precipitato sulle Alpi francesi. Ormai sembra chiaro che si sia trattato di un suicidio del co-pilota, che ha volontariamente causato lo schianto. Forse era depresso, forse era stato lasciato dalla fidanzata che avrebbe dovuto sposare a breve…
Mi hanno interrogato molto due articoli che, riassumendo brevemente il pensiero dei rispettivi giornalisti, dicevano questo:

  • l’atto più coraggioso del pilota, chiuso fuori dalla cabina di pilotaggio, oltre a l’aver provato in tutti i modi a sfondare la porta, è stato quello di non avvisare i passeggeri della reale situazione, perché dire chiaramente che stavano andando incontro a morte certa avrebbe creato solo paura e sofferenza inutile.
  • dobbiamo ammettere che la mente umana è un mistero che non può essere controllato e, su questo, anche la più evoluta psicoanalisi è limitata. Non accettiamo che la “malvagità” è dentro ognuno di noi.

In entrambe le riflessioni c’è una parziale verità, ma si fermano davanti alla constatazione che l’uomo, pur vivendo un indomabile desiderio di felicità, non è capace di darsi questa felicità.
Si tratta davvero di coraggio il nascondere la verità nel momento in cui massimamente si percepisce di essere in rapporto con il Mistero?
Cosa permette all’uomo (a me e a te) di sperare in qualsiasi situazione si trovi?
Chi renderà giustizia al desidero di vita di quei 149 uomini, donne, bambini e ragazzi?
Domande tanto alte e vertiginose, quanto umane.
Nella mia vita la compagnia cristiana autentica è la sola a non aver paura di porsi tali domande, consapevole che nell’uomo è presente una ferita mortale che la Chiesa chiama peccato originale, per cui l’uomo decade inevitabilmente dal suo desiderio di felicità (“Mistero eterno dell’esser nostro” direbbe Leopardi).
E questa compagnia è la sola a ricordarmi che la vita dell’uomo è promessa: promessa di felicità fatta al cuore di ogni uomo, di cui i desideri più profondi sono segno.
Ma la certezza che questa promessa sarà realizzata, l’uomo non può darsela da solo, e questo è testimoniato tragicamente dai fatti della Provenza e dagli sconforti che quotidianamente viviamo. “Per sperare occorre aver ricevuto una grande grazia”, occorre che chi ha fatto il cuore dell’uomo si faccia vedere e inizi a farmi sperimentare ora che compirà il mio desiderio di felicità.
Questo permette la speranza, cioè la certezza che il mio desidero di una vita piena e felice si compirà, ad iniziare da ora.

Tursiope