Mounier e la guerra (Parte 1)

Mounier e la guerra (Parte 1)
Foto di Keira Burton da Pexels

UN LIBRO: Emmanuel Mounier: ‘Pacifistes ou Bellicistes?’

È un testo di una sessantina di pagine che dall’inizio della crudele invasione russa dell’Ucraina ha stimolato non poco a riflettere sull’atteggiamento che un cristiano dovrebbe avere verso la guerra. Pubblicato nel 1939, è stato riproposto quest’anno da Castelvecchi con il titolo “I cristiani e la pace”. 

Tra gli spunti offerti quello sui rapporti tra diritto e forza: scriveva Mounier che “non esiste diritto che non sia stato plasmato da una forza, che non si sostenga senza una forza (…) La forza è all’origine e non può essere eliminata per tutto il cammino percorso dal diritto”. Uno “spirito cristiano” non può “rifiutare a priori l’uso della forza al servizio della giustizia che vi si cerca o delle comunità in cui viviamo”. 

Il contesto storico in cui esce il saggio: qualche mese dopo il Patto di Monaco, il 29 settembre 1938 Francia e Gran Bretagna acconsentivano alla richiesta della Germania nazista (appoggiata dall’Italia fascista) di annessione dei Sudeti, regione germanofona della Cecoslovacchia. Il ‘sì’ di Daladier e Chamberlain fu motivato dalla convinzione, così facendo, di evitare lo scoppio di una nuova guerra, considerato come Hitler (che a marzo, con l’Anschluss, si era già impadronito dell’Austria) si fosse impegnato a non annettere nuovi territori europei. Mounier fu molto negativamente impressionato dall’accordo, tanto è vero che cita Monaco già nell’incipit del suo saggio: “La parola pace significa oggi, per la maggior parte degli uomini, ‘assenza di guerra armata’. Monaco ha salvato la pace significa: i fucili non hanno sparato”. Ma “il cristiano deve rifiutarsi di chiamare pace la semplice assenza di guerra armata o di sangue versato”. Perché “la pace apparente, nel senso negativo della parola può essere, in certe condizioni, un male spiritualmente superiore a quello della guerra”. 

Considerazioni indubbiamente pregnanti quelle di Mounier a proposito di Monaco 1938. Il saggio si sviluppa poi in cinque capitoli in cui il filosofo francese illustra “ciò che il cristiano chiama pace”, frutto di “ordine interiore e giustizia visibile, virtù di fortezza, opera collettiva dell’umanità, opera di giustizia e opera di carità”. Nella seconda parte troviamo invece la riflessione su patria, nazione, comunità internazionale, insegnamento teologico. E su pace armata e ‘guerra giusta’.

A proposito di pace armata, Mounier cita tra gli altri pontefici Leone XIII nel 1889. Vale la pena di rileggere: “Per assicurare al mondo la pace, non basta il desiderio, e scarso presidio offre altresì la volontà. Similmente gli eserciti innumerevoli e la forza sconfinata di apparati bellici valgono a contenere, per qualche tempo, gli assalti dei nemici, ma non potranno mai produrre pace stabile e sicura. Anzi, le armi brandite minacciosamente riescono più acconce ad alimentare che a spegnere gli odi e i sospetti; fanno vivere i popoli in continua trepidazione di un burrascoso avvenire, e in particolare traggono seco gravami e sacrifici; non si saprebbe dire sovente se più tollerabili della guerra. Da ciò consegue che alla pace debba ricercarsi fondamento più saldo e più conforme a natura”.  Sembrano assai attuali queste riflessioni di papa Leone XIII.

 

Moscardino