Nella stessa “barca”

Oggi, mentre ero in ospedale, un dottore dice: “L’hanno rimosso il cadavere?”. Un altro nella stanza: “Quale cadavere? Cosa è successo?”. Il dottore che aveva dato inizio alla conversazione racconta che un uomo, sulla cinquantina, stamattina si era parcheggiato in una via che porta all’ospedale e si era tolto la vita sparandosi.
Iniziano i commenti di vario tipo e genere, ma sono tutti gelidi e distaccati, come se il fatto non riguardasse un uomo. Lo stesso dottore commenta: “Mi sono avvicinato, è stato proprio brutto, non perché era morto, ne ho visti tanti di morti, ma così, di prima mattina, tutto quel sangue”. Un altro nella sala dice: “Si, ma poteva andare in un altro posto, magari in campagna. Si è messo in mezzo alla strada storto e non passava nessuno! Forse voleva che qualcuno lo salvasse”. Io, infastidita dal tono, penso: “Certo che avrebbe voluto che qualcuno lo salvasse, tutti desideriamo che uno ci venga a togliere la tristezza nei momenti brutti o semplicemente che stia con noi”, e mi si stringe il cuore a pensare a quell’uomo, e mi fa dolore quel modo di parlarne. Un medico si deve un po’ abituare alla morte. Non può piangere e fermarsi per ogni uomo che sta male, perché ha il compito di curare e di stare di fronte a tutte le situazioni di sofferenza che ci sono, se non fosse in grado di farlo non sarebbe utile nel suo lavoro. Eppure non potevo non pensare al fatto che la sofferenza di quell’uomo e la solitudine che forse ha avvertito (perché mi viene da dire che non si può compiere un gesto così se ci si sente molto amati) è una cosa che ci riguarda. Non voglio condannare i dottori che hanno commentato in quel modo (a mio avviso disumano… ma in fondo tutti lo siamo a volte), ma mi chiedo se c’è un modo per non cedere a questo atteggiamento cinico. Per me è stare con persone che sono certe che Dio ci ama, e che, per questo, guardano gli altri con tenerezza infinita, non perché, in fondo in fondo, un uomo che soffre fa pena, ma perché siamo tutti nella stessa “barca” a cercare la felicità. Tutta la mattinata mi ronzava in testa una domanda che un giorno un mio amico fece a me e ad altri che erano insieme a me: “Può essere felice un uomo se c’è qualcuno dei suoi fratelli che soffre?”.

Barracudina