Nizza

Pochi mesi fa, durante il ponte del 25 aprile, sono stato sulla promenade di Nizza.
Avevamo mangiato in riva al mare con le bimbe e in quello stesso weekend si correva la mezza maratona della città. La passeggiata era invasa da migliaia di persone sebbene, come solo i francesi sanno fare, non si avvertisse alcuna confusione.
Cliccare sulle immagini dei giornali di questi giorni e rivedere quegli stessi luoghi con i corpi a terra, coperti da teli e accappatoi, genera una sensazione che non avevo mai provato prima.
Più i luoghi sono familiari, più il respiro fatica nel trovare tutta la quantità di ossigeno che serve per dirmi: “Non ci sei tu su quel marciapiede.”. Il cervello ti ha già catapultato tra quei corpi, oppure ancora peggio sostituisce te con quel padre che piange davanti a quel piccolo telo azzurro da cui spuntano delle ciocche di capelli che solo le bambine hanno.
È la stessa dinamica che avviene con il bene: più uno è stato perdonato, più nella vita di tutti i giorni si accendono delle fiammelle di perdono verso gli altri e verso se stessi.
Il male, per espandersi, utilizza la stessa prassi del bene. Deve avvicinarsi sempre di più all’ordinario, al quotidiano, al conosciuto per diventare reale, credibile, temuto.
Il terrore ed il perdono hanno la stessa esigenza: farsi presenti nel quotidiano di ciascuno.

Nemo