Non bisogna autosuggestionarsi: la Chiesa Cattolica non è in una crisi epocale

Spinto dalle molte osservazioni dei cosiddetti progressisti e dei cosiddetti conservatori all’interno della Chiesa – un’orrenda distinzione che non dovrebbe neanche sussistere nella Chiesa – sono andato a vedere un po’ di numeri e vi invito a farlo a vostra volta. Progressisti e conservatori condividono l’assunto iniziale: la Chiesa è in un cambiamento epocale. Per i primi si tratta di una sfida a forme nuove di evangelizzazione perché la vecchia Chiesa non regge più, per i secondi di una tragedia apocalittica in cui bisogna salvare la vecchia Chiesa. Gli uni e gli altri tendono a dire che ormai è inutile impegnarsi socialmente e politicamente a difendere valori, idee, organizzazioni perché tanto ormai non c’è niente da fare, il mondo è post-cristiano. Lo dicono per motivi opposti ma dicono la stessa cosa.

Allora sono andato a vedere i numeri e, guarda un po’, i dati non sono così drammatici: il numero di fedeli cattolici dal 1970 al 2017 è raddoppiato come la popolazione mondiale e la percentuale è la medesima (18%); negli US, particolarmente sotto attacco in questi giorni, i cattolici continuano ad aumentare in numero assoluto, mentre le percentuali non hanno subito grosse variazioni dal 2000 in avanti. Certo, diminuiscono molto i preti, ma se contate diaconi e laici consacrati che una volta non esistevano, siamo più o meno alle stesse cifre. Insomma, certo in Occidente la Chiesa ha molti problemi, che vanno avanti dagli anni ’60, ma la grande crisi non c’è, almeno nei numeri. Come spesso accade, si tratta di molta comunicazione, non sempre innocente, che vuole che si ripeta un mantra al quale alla fine si crede.

Questi sono i dati del CARA, Center for applied research in apostolate, dell’Università di Gergetown. Per farla breve, dati attendibili:

https://cara.georgetown.edu/frequently-requested-church-statistics/

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