Cinque pantaloni. Il valore di una circostanza

Settimana scorso ho ospitato mia madre a casa. Mia madre è sarta. Ha iniziato a frequentare la bottega a 12 anni, appena conclusa la 5^ elementare, presso la sarta professionista del paese, da cui ha appreso l’arte del cucire. Noi figli (5) siamo cresciuti avendo negli gli occhi la scena delle mani di mia madre impegnate a infilare aghi, restringere pantaloni, cucire vestiti anche di un certo pregio. Ancora oggi (lei ha 74 anni), alcuni clienti la implorano perché non molli, chiedendole lavoretti più o meno complicati, fidandosi ancora ciecamente delle sue capacità. Così l’altra sera – non so bene per quale motivo – all’improvviso si è materializzato ai miei occhi tutto il valore (anche economico) del suo talento e le ho chiesto se poteva far qualcosa per 5 pantaloni che non mettevo ormai da tempo, perché fuori moda. Ho preso un pantalone nuovo e le ho chiesto se poteva trasformare gli altri 5 in un modello simile. Mentre glielo chiedevo ero già sicurissimo che lei potesse farlo. La sera stessa stavo già misurando il primo dei 5 pantaloni: nel giro di qualche giorno avrò un guardaroba praticamente pieno, senza aver speso una lira (pardon, un euro), con somma gioia di mia moglie! Ho ritrovato nel suo fare quello che Cormac McCarthy, nel suo romanzo Non è un Paese per vecchi, fa dire allo sceriffo che si trova di fronte ad un abbeveratoio scolpito a mano nella pietra: “Penso a quel tizio seduto lì, con la mazza e lo scalpello, magari un paio d’ore dopo cena, non so. E devo dire che l’unica cosa che mi viene da pensare è che quello aveva una sorta di promessa dentro al cuore. E io non ho certo intenzione di mettermi a scavare un abbeveratoio di pietra. Ma mi piacerebbe essere capace di fare quel tipo di promessa. E’ la cosa che mi piacerebbe più di tutte”. Così mi è sorto il desiderio irrefrenabile che quel valore, e quella promessa, possano in qualche modo rivivere anche in me.

Rombo