PEDOFILIA: ALCUNI DATI

Leggendo l’articolo apparso su “La Spigola” qualche giorno fa dal titolo “Problemi di Chiesa”, mi sono incuriosita sul tema affrontato e sono andata a ricercare alcuni dati. Secondo il “Dossier Pedofilia del 2016”, elaborato dal Telefono Azzurro, i casi di pedofilia nel mondo raggiungono la cifra esorbitante di 700.000 casi all’anno. In Europa si parla di 30.00 casi ogni due anni! Premesso che anche ci fosse anche un solo bambino innocente sfruttato e maltrattato in questo modo nel mondo sarebbe comunque un fatto terribile, resta tuttavia il dato numerico esorbitante. Il problema è reale.

L’altro dato impressionante è che nell’oltre 70% dei casi l’abuso avviene all’interno della famiglia (padre, nonno, amico/conoscente, nuovo coniuge della madre, fratello/sorella, madre). Nel 5% dei casi è un insegnante o educatore.

A partire da questi dati, alcune riflessioni.

1) I 3.677 casi di abusi sessuali denunciati dal Rapporto commissionato dalla Chiesa stessa in Germania avvenuti dal 1946 al 2014 (64 anni) sono terribili ma occorre inserirli secondo la giusta proporzione nel contesto numerico generale.

2) Se si ragionasse come spesso i giornali e la TV ci vogliono far ragionare, non dovremmo fidarci più, prima che dei preti, dei nostri genitori e dei nostri parenti. Dovremmo non tanto evitare che i nostri figli vadano in oratorio, ma non dovremmo più lasciarli a nonni, zii e parenti per andare a lavorare o per andare a fare la spesa. Non dovremmo fidarci di nostro marito o di nostra moglie.

Eppure, la mente umana per sua natura non ragiona così. Ragiona in base al sospetto assoluto su ogni cosa solo se indotta. Spontaneamente, l’uomo tende a fidarsi, perché se così non facesse non potrebbe vivere.

3) Il grande dato di realtà che questi numeri ci pongono davanti è che l’esistenza è un grande dramma: l’uomo è una creatura misteriosamente libera e allo stesso tempo profondamente ferita, fragile. È capace di amare e di fare del bene, ma è altrettanto capace di fare il male. Soprattutto con le persone più vicine. Non è uno spontaneismo ciò che fa rispettare la vita e l’anima dell’altro. Occorre un’educazione reale al senso del mistero che ciascuno è e alla moderazione dei propri istinti.

4) Allora il vero problema è guardare il quadro tutto intero nella completezza dei suoi fattori: i dati numerici, la fragilità dell’uomo, la necessità di una vigilanza e di una educazione a fare il padre e la madre. Non si risolve il problema accusando la Chiesa o la famiglia come luoghi educativi malati. Forse può essere più utile riconoscere con umiltà che si è un po’ tutti bisognosi di aiuto, immersi in una società fragile e istintiva, e favorire la costruzione di luoghi di umanità dove educare le persone alla sacralità della vita.

Stella Marina