PERCHE’ A ME? LA DOMANDA DI SILVIA ROMANO E LE CONTRADDIZIONI DEL BENE

“Io sono venuta a fare volontariato, stavo facendo del bene, perché è successo questo a me? Qual è la mia colpa?” si è chiesta Silvia mentre camminava per infiniti km nella foresta africana. Oggi ha deciso di raccontarlo nella prima intervista ufficiale dopo il suo rientro in Italia velata. Questa domanda ha una serie di risposte che attingono al buon senso, al realismo e, volendo essere ancora più puntuali e precisi, alla storia, alla geografia, alla sociologia. Molto è stato già detto da persone sicuramente più esperte di chi scrive: la pericolosità del posto, l’inadeguatezza dell’associazione di Volontariato, le imprudenze, la non corretta valutazione dei rischi. Ma l’accadere del male scuote la polvere sulle solite cose della vita e la aggancia forzatamente all’emisfero dell’eterno, del destino: ed è lì che bisogna almeno provare a guardare. Il male accade in varie forme, nessuna di esse spiegabile o contenibile in spiegazioni. Quella che più eccede l’umana accettazione e comprensione ha il segno opposto e contrario al tentativo di bene. L’incidente di Alex Zanardi, il rapimento di Silvia Romano: un irriducibile atleta che vuole sostenere la speranza di coloro che condividono la sua difficile condizione, una giovane e bella ragazza che vuole dare il suo contributo per aiutare bambini sfortunati. E’ umanamente difficile accettare che azioni buone generino dolore. Anche se siamo adulti, anche se la vita ci ha mostrato mille volte che non è così, conserviamo il mito, l’illusione dei buoni che alla fine vincono, dei cattivi che perdono. C’è ancora uno spazio residuo, una riserva naturale, in mezzo al moralismo imperante, di pietà nei confronti dei cattivi, ma solo se soffrono per il male commesso. La disfatta dei buoni, delle buone intenzioni è ancora più respingente del dolore innocente. “Perché a me?” è la domanda di tutti, in particolare di chi ha agito per il bene, credendo, tentando, desiderando il bene per sé e per il mondo. “Forse Dio mi stava punendo per i miei peccati, perché non credevo in Lui, perché ero anni luce lontana da Lui” non può essere la risposta. Dio è più grande delle dinamiche umane. Se guardiamo con gli occhi della ragione ciò che abbiamo davanti non possiamo dire che l’intensità della fede degli uomini segni un confine tra sommersi e salvati. C’è la storia di ciascuno, con le proprie prove, le proprie fortune, ma c’è chi vive alla luce di un significato e chi in balia di tutto il resto. Non si può entrare nel rapporto che ciascuno ha con il Mistero, però si può trattare tutto, anche il male, e tutti, i buoni e i cattivi, come occasione per approfondire questo rapporto.

Medusa