PILLOLA DEI 5 GIORNI DOPO, UN’ALTRA CONQUISTA DI LIBERTÀ?

Dal 9 Maggio sono entrate in vigore le nuove disposizioni in materia di commercializzazione del farmaco contraccettivo EllaOne o “pillola dei 5 giorni dopo”, con cui l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha dato seguito alle direttive della Commissione Europea. Se fino a questa data la pillola era acquistabile dietro presentazione di ricetta medica non ripetibile, rilasciata dal medico dopo riscontro di test di gravidanza negativo, oggi EllaOne viene venduto in assenza di prescrizione medica (che è stata mantenuta per le sole pazienti minorenni).
EllaOne è un contraccettivo di emergenza capace di agire entro le 120 ore (5 giorni) successive al rapporto sessuale a rischio o al fallimento di altro metodo contraccettivo. Il principio attivo (ulipristal acetato) è un modulatore selettivo dei recettori del progesterone che agisce bloccando o ritardando il picco ormonale responsabile del rilascio dell’ovulo, impedendone la fecondazione da parte dello spermatozoo. Questo meccanismo, analogo a quello della “pillola del giorno dopo” (levonorgestrel), è efficace solo nel caso in cui la donna non sia già andata incontro a ovulazione nel momento dell’assunzione del farmaco.
Accanto a questa sicura azione antiovulatoria, è probabile (per quanto non ci siano ancora le sufficienti evidenze scientifiche) che l’effetto contraccettivo sia ottenuto anche tramite un’azione antinidatoria, capace cioè di impedire l’impianto dell’ovulo già fecondato alle pareti dell’utero e di causarne quindi la morte. L’azione antinidatoria è condivisa da un’altra molecola, appartenente alla stessa famiglia di EllaOne, chiamata Mifepristone (o RU486), che però, più che come contraccettivo, viene utilizzata soprattutto a dosi più elevate per indurre l’aborto chimico (cioè per determinare il distacco dell’embrione dalla parete dell’utero). Tuttavia nel caso di EllaOne non si potrebbe tecnicamente parlare di “farmaco abortivo”, visto che dal 1985 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) considera come inizio della gravidanza non più il momento della fecondazione ma quello dell’impianto in utero.
Sono tanti gli aspetti di questa vicenda che lasciano spiazzati, da quelli scientifici a quelli politici ed economici. Su tutto colpisce la superficiale leggerezza con cui l’Europa prima e l’Italia poi hanno deliberato in favore della libera commercializzazione di EllaOne, senza appellarsi a quel principio di prudenza che caratterizza tutta la scienza medica e che si applica in particolar modo ai farmaci, specie se venduti senza obbligo di ricetta. Nel caso in questione tale principio avrebbe dovuto almeno suggerire cautela, a maggior ragione per la tipologia di farmaco, alla luce dell’insufficienza di studi scientifici (fatti salvi quelli presentati dalla stessa casa farmaceutica, la francese Hra Pharma) riguardo ai possibili rischi abortivi e teratogeni per una gravidanza già avviata, causati da un’assunzione del farmaco a dosi superiori a quelle consigliate. Così la vendita senza obbligo di prescrizione di EllaOne, giustificata da un risparmio di tempo che garantirebbe una maggiore efficacia del farmaco, elimina qualsiasi tipo di valutazione medica e inoltre, in assenza di un registro di vendite comune tra le farmacie, rende impossibile controllarne l’acquisto e impedirne l’abuso. In nome del “diritto” all’autodeterminazione, si lascia la donna, spesso adolescente, a prendere decisioni così gravi da sola, senza alcun confronto medico e umano, in contrasto non solo con la tradizione etica medica ma con la stessa legge 194/78 sull’aborto.
Alla radice di questa vicenda e, in maniera analoga, delle altre attuali questioni etiche, si riconosce oggi più che mai un profondo smarrimento su cosa sia veramente l’uomo. Trionfa l’esaltazione del sentimento istintivo e la libertà viene intesa unicamente come diritto ad assecondare questo istinto senza impedimenti: una possibilità sempre più reale grazie ai progressi scientifici, da cui logiche economiche e di potere traggono profitto. E in questo senso anche l’atto sessuale viene ridotto a bieco sfogo edonistico, tanto più perché deresponsabilizzato delle sue conseguenze, considerate sgradite, grazie alla disponibilità di strumenti che ne riducono al minimo il rischio.

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