Pubblicani e prostitute

In questi ultimi giorni di vita pendolare, a causa di scrutini, esami e correzione di compiti, mi è capitato a volte di viaggiare sull’ultimo treno della sera. Così è stato anche ieri, al termine di un collegio-fiume di fine anno.
Avevo già notato la presenza di un gruppo di giovani donne straniere dalla professione indubbia ma ieri – per caso o per grazia – le ho avute vicine e ho potuto ascoltarle parlare e stupirmi di loro.
A giro, e a intervalli brevissimi, ricevevano la telefonata di un uomo (lo stesso e col nome italiano!?!) che chiedeva notizie circa lo stato del viaggio e la puntualità del treno. A lui rispondevano composte ma asciutte, mentre tra loro il dialogo era particolarmente cordiale.
Una, tra tutte, mi ha colpito quando, parlando al telefono col figlio malato, gli raccomandava con tenerezza infinita: “finisci di mangiare tutto, prendi le medicine, vai subito a letto, ubbidisci a…”.
Ascoltandola pensavo a quella straordinaria (unica?) forma di stabilità educativa che don Giussani ci ha indicato come coerenza ideale.
E pensavo anche – in questi giorni in cui tribunali e media hanno rimesso alla gogna i soliti pubblici peccatori – che se al termine della vita avrò amato anche solo un istante qualcuno o qualcosa come quella mamma il suo bambino allora (evviva!) avrò raggiunto lo scopo.
Perché è sull’amore che saremo giudicati. E per amore perdonati. E meno male…

Alice