Qual è il futuro del Partito Popolare Europeo?

Un grande dilemma si apre per il Partito Popolare Europeo dopo la vittoria di Trump e in vista del voto per le presidenziali francesi del 2017. Il PPE deve decidere se schierarsi con la sinistra nell’unico “partito della nazione” all’europea contro tutti i cosiddetti “populismi”, oppure se cercare di andare a riprendersi il voto perso nei partiti “populisti” trovando una propria identità politica e culturale che lo differenzi innanzitutto dai socialisti europei.

Per ora ha percorso la prima, facendo l’alter ego europeo della posizione di Hillary Clinton e dell’establishment repubblicano. Una manovra destinata a perdere come è già successo per Brexit e per Trump. Se si fa il partito delle élite contro il resto del mondo, il resto del mondo – più numeroso – alla fine vincerà.

L’altra alternativa è faticosa perché il PPE deve cercare di riguadagnare le proprie radici, soprattutto la cultura cristiana e il federalismo europeo debole (forte sulla sicurezza, debole sull’economia delle quote) che era nel disegno dei padri fondatori. Non solo, deve smetterla di considerare uguali tutti i “populismi” – anzi sarebbe meglio lasciar perdere proprio il nome. Trump non è Grillo né Le Pen. Sono radici molto diverse con idee specifiche. E, a proposito di Trump, un presidente regolarmente eletto dalle primarie del partito conservatore e poi dalla maggioranza del popolo americano dovrebbe essere considerato il primo alleato, e non il primo nemico, dai conservatori europei.

Solo che per questo genere di cambiamento di prospettiva e di ritorno alle origini ci vuole coraggio, il coraggio di andare contro l’opinione dominante. Senza questo coraggio però il PPE è destinato a scomparire.

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