Quaranta giorni

Quaresima e quarantena hanno la stessa radice: quaranta giorni. Quaranta giorni di Gesù nel deserto, quarant’anni del popolo ebraico per arrivare alla terra promessa, quaranta giorni che una volta si attendevano prima di essere considerati definitivamente guariti da una malattia o che si applicava soprattutto a chi (o a ciò che) proveniva per via di mare…
Per una strana analogia anche il nostro paese si bloccherà per circa 40 giorni. Dalle ceneri fino a Pasqua probabilmente non si potrà fare una vita normale. E speriamo davvero con Pasqua tutto rifiorisca: “rifioriranno in lui tutte le cose nel giorno della luce e della gloria, verrà quel giorno lo celebreremo un canto nuovo allora canteremo.”
E allora in questa Quaresima ci sono chiesti dei “fioretti” particolari.

Il fioretto di lavarsi le mani: chissà perché i bambini fanno tanta fatica a lavarsi le mani, bisogna convincerli e poi vanno in bagno e si lavano soltanto un dito oppure non usano il sapone!

Il fioretto di non abbracciarsi: questo sembra facile, ma quando si incontra un amico che non si vede da tanto tempo è necessario frenare uno slancio, fermarsi a pensare al bene proprio e dell’amico più intensamente di quanto si fa di solito.

Il fioretto della convivenza: a fronte di un generalizzato tentativo di distanza e di isolamento, appare più evidente che siamo fatti di rapporti.  E allo stesso tempo, soprattutto quando si ha una famiglia numerosa, ci si accorge della difficoltà di stare insieme dentro quattro mura, nell’assenza di molte delle attività quotidiane (scuola, lavoro, danza, pizza con gli amici…) e di stare insieme condividendo questo tempo che sembra un po’ “sospeso”.

Il fioretto della preghiera: questa epidemia ci mette davanti a tutta la nostra debolezza, alla nostra fragilità. L’unica alternativa alla paura diventa la domanda a Chi è al di sopra del “gioco delle probabilità”, così lontano dalla nostra illusione di controllo. “Nel nostro nulla solo in Te speriamo”.

Sirenetta